sabato 17 luglio 2010

AFFIDO DEI MINORI DI GENITORI SEPARATI


( Dr.Giovanni Basso – Psicologo e Psicoterapeuta)

L’affido di minori, figli di genitori separati, evidentemente non può essere gestita dal Giudice, perché il Giudice ha il torto di gestire una “legge uguale per tutti”.
Infatti la “legge uguale per tutti” è sempre e solo una mezza legge, perché è giusto affermare che ci sia una “legge uguale per tutti”, ma deve contemporaneamente anche essere affermata una “legge ad personam” (personale o particolare) che deve necessariamente prendere in considerazione situazioni specifiche e personali del bambino, situazioni specifiche e personali della madre, situazioni specifiche e personali del padre. Lo esige la naturale esistenza di un Giudizio Universale, accompagnato da un Giudizio Particolare.


1 – Situazioni specifiche e personali del bambino: sono le prime e le
più importanti da tenere in considerazione: che età ha? Ha
particolari debilitazioni? Sviluppa una crescita normale, o
precocismi, o ritardi di crescita? L’età cronologica corrisponde
all’età mentale(di cui sono sempre responsabili i genitori)? Con
quale genitore vuole restare? E di quale dei due ha più urgente
necessità?


2 – Situazioni specifiche e personali della madre: quale livello di
simbiosi lega necessariamente ancora la madre alla sua creatura?
Ha eventuali problemi psichici? (dei quali deve tuttavia essere
informata). È capace di non criticare, né di odiare il marito
in presenza del loro bambino? È una persona tranquilla, o è
sempre inquieta, nervosa, sempre scontenta, che critica tutto e
critica tutti? È depressa? Sta bene in salute fisica e psichica? Ha
tempo di dedicarsi sufficientemente ai suoi figli? È permissiva,
o possessiva?


3 – Situazioni specifiche e personali del padre: È persona autoritaria e
violenta (padre padrone!)? Sa non criticare la madre del loro
figlio in presenza di lui? Assisterebbe personalmente il bambino, o
lo affiderebbe ad altre persone? È persona onesta, corretta,
equilibrata? Collabora economicamente, e adeguatamente ai
propri mezzi, al mantenimento e alla miglior crescita dei figli,
anche se questi fossero affidati alla madre?


È possibile che ambedue i genitori possano avere dei problemi controindicativi dell’affidamento, o alcuni di questi problemi sopra citati; il Giudice sarebbe costretto a scegliere il minor male possibile, oltre il male imposto al bambino dalla separazione. Ma se in ambedue ci fossero dei problemi che ipotecherebbero la buona crescita dei figli: in tal caso il Giudice sarebbe costretto ad affidarli a qualche famiglia tra parenti, o famiglie disposte all’adozione, o anche al semplice intrattenimento e ospitalità a tempo indeterminato.


Soprattutto è importante che il Giudice non istituzionalizzi i bambini normali, perché qualsiasi istituto di protezione: non educa ma condiziona, perché è fatto di regole impositive (come le regole di caserma, o delle carceri). Si tenga presente il principio che alle persone normali: la verità si propone, non si impone; come la madre discorsivamente propone ai figli determinati comportamenti.


L’istituto potrebbe essere di aiuto educativo solo se fosse un laboratorio protetto e assistenziale, come dovrebbero essere gli istituti per deboli psico-fisici, in quanto sviluppano la creatività, migliorando quindi la coscienza di se, che è la loro anima (coscienza dell’IO). Infatti ognuno si identifica con quello che fa e sa fare.

Appare pertanto evidente che il Giudice non può, da solo, prendere delle decisioni costituite da tante componenti di cui non è competente.


Quindi deve smettere di far cadere sui bambini personali decisioni arbitrarie, come comunemente i Giudici si comportano.


Come pure le pullulanti associazioni di padri, sono complotti rivendicativi di propri diritti negati, ma le rivendicazioni sono anche vendicazioni, e le vedette sono tutte antieducative.


Il naturale processo e dovere educativo appartiene soprattutto alla madre, che ha generato le sue creature fisicamente e coscientemente e deve continuare a svolgere questo processo generativo.


Ma la generazione è anche distacco da se, cioè: è crescita, come le mamme fanno quando partoriscono, come le mamme fanno tagliando il cordone ombelicale, come le mamme fanno interrompendo la suzione del latte alle proprie mammelle, come le mamme fanno smettendo di accudire ai bisogni fisici dei loro figli, quando raggiungono i tre anni. Come soprattutto le mamme sanno rendere autosufficienti i propri figli (o dovrebbero sapere!).


Fondamentalmente ogni educazione svolta da chi non è madre: è solo compensativa di una grave carenza esistenziale nel processo di crescita del bambino, come la medicina è compensativa della mancanza di salute.

martedì 29 giugno 2010

BAMBINI, RAGAZZI E RAGAZZE SOTTRATTI ALLA FAMIGLIA E COLLOCATI IN STRUTTURE PROTETTIVE




Tutte le Istituzioni Protettive, e parimenti le Istituzioni Punitive (Carceri), sono essenzialmente punitive delle colpe che i minori sono costretti a subire, a causa delle proprie menomazioni, costituite da: povertà (la famiglia non ha mezzi sufficienti di sostentamento), disabilità (handicappati), caratterialità (ragazzi difficili), perdita dei genitori (orfanotrofi), separazione dei genitori, bambini in carcere con la madre, ecc.
Inoltre in nome dell’affermazione che i vecchi diventano bambini: anche i Ricoveri di Anziani sono altrettante caserme.

Pertanto il ricovero in questi Istituti è anche un gesto di colpevolizzazione dei minori, a causa delle suddette menomazioni, per le quali vengono appunto istituzionalizzati.

L’istituzionalizzazione purtroppo è anche la dimostrazione dell’affermazione biblica: ”i vostri padri hanno mangiato l’uva acerba e i figli sono nati con i denti legati”.

Fondamentalmente tutti gli Istituti di Protezione sono identici alle Caserme Spartane, dove i maschietti di 4 anni venivano militarizzati, per formare l’ideale del maschio-soldato spartano.
Infatti tutti gli Istituti debbono adottare una disciplina che renda possibile la loro esistenza.

Ovviamente il mantenimento è accompagnato dalla “educazione”, o “formazione”, che in questo contesto disciplinare si può definire “condizionamento psichico”, che influenzerà tutta la vita degli ex-ricoverati nelle Strutture Protettive.
Forse gli handicappati potrebbero avere bisogno di una assistenza medica, ma ciò non toglie che purtroppo sono sottoposti a disciplina.

Tutto è dimostrato dal fatto che tutti gli istituzionalizzati o i ricoverati se possono scappano il più presto possibile, salvo il processo di condizionamento che li ha persuasi a continuare a restare.

Il processo di civilizzazione comporterebbe che finalmente ogni istituzionalizzazione scomparisse, per dare spazio alle familiarizzazioni, oggi sempre maggiormente possibili. Evidentemente va difeso il diritto di scelta di membri che appartenevano alla propria famiglia, distrutta dalla separazione.
Il Prof. Basaglia è riuscito a fare scomparire i Manicomi, che comunque avevano tante e inenarrabili analogie con le Istituzioni Protettive.

Si potrebbe anche affermare che specialmente l’Istituto Protettivo, pur essendo compensativo di tante carenze, è anch’esso uno psicofarmaco, che condiziona il cervello dei ricoverati.

Pertanto Istituzionalizzare un bambino per sottrarlo al rapporto nefasto con i genitori, o con uno dei genitori, è una violenza peggiore della violenza psichica subita dalla loro separazione. È un punire lui a causa della separazione dei suoi genitori, oltre che essere anche una punizione di uno o dell’altro genitore che non lo ha voluto, o che non permette che l’uno o l’altro benefici della scelta del figlio di restare assieme.

Quindi, in occasione della separazione dei coniugi: anzitutto il primo diritto che esiste e deve essere affermato è la libertà di scelta fatta dal bambino, anche qualora fossero più fratellini e scegliessero tutti di stare tutti dalla stessa parte, trattandosi di esseri umani e non di merce.
Semmai il giudice deve accertarsi che il bimbo sia veramente libero di scegliere e non sia influenzato da subdoli ricatti o minacce.

In base a questi principi naturali, oltre che umani: sembrano inutili le sempre più numerose associazioni, specialmente maschiliste, che vogliono affermare o contrattare i diritti genitoriali; infatti sono tentativi di perversione di una legge naturale, che deve restare indiscutibile.


(Dr.Giovanni Basso – Psicologo-Psicoterapeuta e Perito Grafologo)

venerdì 18 giugno 2010

MINORI SOTTRATTI AL GENITORE IDONEO: INTERROGAZIONE SEN. STEFANO PEDICA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA



INTERROGAZIONE DEL 29 APRILE 2010


Pedica (IDV) Premesso che: con legge 27 maggio 1991, n. 176, l'Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, stipulata a New York dai Paesi aderenti all'ONU il 20 novembre 1989; la predetta Convenzione, all'articolo 3, comma 1, recita:

"in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente";

risulta all'interrogante che nelle separazioni conflittuali alcuni giudici del Tribunale dei minori di Roma, negli ultimi tempi, avrebbero fortemente penalizzato i genitori idonei e con i quali i figli hanno il legame affettivo più forte; in particolare questi giudici si distinguerebbero, come sottolineato da numerosi atti di sindacato ispettivo presentati negli ultimi anni, per sentenze nelle quali i figli che hanno un forte legame con uno solo dei due genitori verrebbero separati da loro e collocati in case famiglia con forti restrizioni nelle visite e, in diversi casi, anche con l'interruzione di qualsiasi rapporto affettivo con il genitore con cui sono cresciuti e i suoi familiari;

il Comitato "Vittime della giustizia minorile" ha segnalato all'interrogante diversi casi nei quali le relazioni dei consulenti tecnici del Tribunale o dei periti di parte non sarebbero state prese in considerazione dai giudici e, laddove si sconsigliava la separazione dei figli dalle madri per i gravi traumi che questo avrebbe comportato, i bambini sarebbero stati comunque tolti loro e collocati in case famiglia; t

tale quadro potrebbe indicare la sussistenza di un problema che oggi affligge numerosi genitori, i quali risulterebbero in qualche modo vittime di una controversa interpretazione della legge n. 54 del 2006 sull'affido condiviso, o di imperizia del collegio giudicante, poiché, sebbene per il perseguimento dell'ammirevole scopo di dare al bambino entrambi i genitori, di fatto si addiverrebbe al risultato di rendere il minore "orfano" per decreto del giudice e con metodologie spesso contrarie ai più elementari principi di tutela e rispetto nei confronti dei minori;

rilevato che, a quanto risulta all'interrogante: in questi giorni i quotidiani nazionali e locali hanno riportato la storia del minore A. L. F., poiché la disposizione di allontanamento dalla madre V. P. presa dal giudice del Tribunale dei minori, dottor Ianniello, e le modalità di esecuzione della stessa hanno destato particolare clamore nella comunità di Sezze (Latina) dove il minore è residente;

per riassumere le vicende giudiziarie legate al caso di A. L. F. si rappresenta che, con provvedimento del 20 maggio 2009 n. 8164 del 2009, il dottor Ianniello del Tribunale dei minori di Roma disponeva

la soppressione della potestà genitoriale della signora V. P. sul piccolo A. L. F. per la durata di un anno con collocazione del figlio presso la madre;

il 15 dicembre 2009, con decreto n. 7855, il giudice stabiliva la decadenza della potestà genitoriale di V. P. e disponeva l'immediata collocazione del figlio presso il padre;

con provvedimento n. 914 del 2 febbraio 2010, dopo aver respinto l'istanza della signora P. con la quale si chiedeva il collocamento del minore presso la madre e l'attivazione di un percorso di psicoterapia e mediazione familiare presso un centro specializzato, il dottor Ianniello confermava l'immediato allontanamento del minore e il collocamento presso il padre;

i giorni 26 e 27 gennaio 2010 gli assistenti sociali e i carabinieri si recavano presso l'abitazione della signora P. per prelevare il figlio, ma, nonostante la piena collaborazione di quest'ultima, dichiarata nelle relazioni agli atti, non riuscivano a prelevare A. L. F. posto il suo disperato e ostinato rifiuto di andare dal padre;

con provvedimento n. 1037 del 10 febbraio 2010, integrando e modificando il provvedimento del 2 febbraio 2010, il dottor Ianniello disponeva che il minore fosse collocato in casa famiglia in modo da evitare "un brusco passaggio dall'uno all'altro genitore che potrebbe risolversi in un rifiuto del bambino nei confronti del secondo genitore";

il giudice minorile, con provvedimento n. 1188 del 16 febbraio 2010, nominava un curatore speciale, nella persona dell'avvocato Enrico Ronchini;

con provvedimento n. 1678 del 2 marzo 2010 il dottor Ianniello reintegrava la potestà genitoriale della madre e disponeva l'obbligo della stessa di accompagnare personalmente il minore presso la casa famiglia con ampio diritto di soggiorno del bambino presso entrambi i genitori;

il curatore, avvocato Ronchini, in data 16 marzo 2010, formalizzava una proposta di mediazione, firmata dai genitori e dai legali dei genitori di A. L. F., finalizzata a sospendere il trasferimento del minore in casa famiglia e a riprendere gli incontri con il padre assumendo il compito di segnalare al Tribunale per i minori eventuali inosservanze;

la signora P., come sostenuto dal legale di parte dottor Girolamo Coffari, presidente del "Movimento per l'infanzia", avrebbe espresso la massima collaborazione per favorire il rispetto degli accordi predisposti dal curatore e quindi, in occasione del primo incontro, venerdì 19 marzo, stabilito tra il figlio e il sig. F., avrebbe accolto il curatore che si è recato presso la sua abitazione per parlare con il bambino, e tuttavia lo stesso dottor Ronchini, dopo un tentativo di convincere il piccolo ad andare dal padre, durato più di due ore, ha desistito dal suo intento per il rifiuto espresso dal bambino;

con ordinanza del 13 aprile 2010, il dottor Ianniello disponeva quindi "in via provvisoria ed urgente l'allontanamento immediato del minore (...) per l'inserimento in una casa famiglia, al di fuori del territorio di residenza (...) con sospensione, allo stato del rapporto con la figura materna per favorire il processo di inserimento";

in data 14 aprile 2010 è stato presentato dall'avvocato della famiglia materna dottor Girolamo Coffari ricorso per la revoca dell'ordinanza da ultimo menzionata, nel quale si evidenzia come l'atto del dottor Ianniello apparirebbe illegittimo in quanto, fra gli altri profili, il minore non sarebbe stato ascoltato nelle sue volontà, violando pertanto il diritto di ascolto.

Inoltre la storia giudiziaria del caso mostrerebbe mancanza e illogicità di motivazione nonché contraddittorietà fra più atti;

il 15 aprile 2010 quattordici agenti della Questura di Latina sono stati inviati, su ordine del Tribunale dei minori di Roma, a Sezze, a prelevare il minore, il quale tuttavia si trovava fuori dall'abitazione di residenza, pertanto, dopo alcune ore di stazionamento davanti all'abitazione, avvocati e familiari sono giunti a una mediazione con le forze dell'ordine per la quale il bambino sarebbe stato consegnato in Questura nel pomeriggio: comprendendo la circostanza, il bambino avrebbe accusato un forte malessere, con minacce e tentativo di suicidio, per cui la madre si sarebbe vista costretta a portarlo all'ospedale dove è stato visitato e tenuto sotto controllo fino a che non è apparso riprendersi.

Nella notte, tuttavia, sarebbe stato ancora male e sarebbe stato nuovamente visitato il mattino dopo; sempre in data 15 aprile 2010 è stato presentato dall'avvocato della famiglia materna atto di ricusazione del giudice, ai sensi dell'art. 52 del codice di procedura civile che attribuisce alle parti detta possibilità quando lo stesso sia sospetto di parzialità, in quanto sussiste uno dei presupposti per la sua astensione obbligatoria ai sensi dell'art. 51 del codice civile e tuttavia il medesimo giudice non provvede ad astenersi volontariamente;

da quanto sopra riportato si evince come il dottor Ianniello abbia emesso, nell'arco di 4 mesi, dal dicembre 2009, cinque provvedimenti che riguardano il minore A. L. F. con una media, quindi, di circa un provvedimento al mese; tale proliferazione di decreti, ordinanze, integrazioni di decreti avrebbe avuto, come riportato dalla famiglia materna che l'interrogante ha avuto modo di incontrare, l'effetto di traumatizzare il bambino che, nel giro di poche settimane, è stato invitato nell'ordine:

ad andare a vivere stabilmente con il padre;

ad andare a vivere in una casa famiglia accompagnato dagli assistenti sociali o dai carabinieri;

ad andare in una casa famiglia vicino alla propria abitazione accompagnato dalla madre;

ad andare di nuovo con il padre per circa tre giorni a settimana;

da ultimo, ad andare a vivere in casa famiglia lontano da casa con il divieto di vedere la madre;

desta sconcerto la facilità con la quale il dottor Ianniello ha cambiato idea e ipotizzato soluzioni diverse per un bambino, senza che siano intervenuti cambiamenti significativi che avrebbero potuto giustificare decisioni fra loro contraddittorie e inconciliabili; così come non risulta comprensibile, a opinione dell'interrogante e del legale che sostiene la signora P., nominare un curatore e dopo quindici giorni restituire la potestà genitoriale alla madre, quindi vietare contestualmente ogni contatto fra la madre e il bambino;

è inoltre inspiegabile decidere di collocare un bambino in casa famiglia facendolo accompagnare dalla madre, seguendo quindi un normale percorso di adeguamento, prevedendo ampia possibilità della stessa di avere con sé il figlio e, a distanza di un mese, senza che nel frattempo sia successo nulla di significativo, se non il fallimento di un tentativo inutile e ultroneo del curatore, cambiare completamente idea e vietare i contatti fra la madre e il figlio, imporre l'uso della forza nel prelevare il bambino agli organi di polizia e decidere di portare il bambino presso una casa famiglia addirittura "al di fuori del territorio di attuale residenza del minore";

rimangono oscure, in particolare, le ragioni che hanno indotto il giudice minorile a cambiare, con l'ultimo provvedimento del 13 aprile 2010, le sue determinazioni in modo così drastico e gravemente afflittivo per il piccolo A. L. F., in quanto il dottor Ianniello, con la decisione di vietare in maniera repentina, assoluta e drastica i rapporti madre-figlio, rischia non solo di disattendere, ancora una volta, le risultanze della approfondita analisi compiuta dagli specialisti medici, ma anche di contraddire se stesso rispetto al provvedimento del 2 marzo 2010, che stabiliva un collocamento presso la casa famiglia con consegna a cura della madre e ampia facoltà di visita;

il dottor Ianniello ha motivato le sue determinazioni imputando alla signora P. ed alla famiglia materna la responsabilità del "tentativo, fin qui riuscito, di escludere del tutto la figura paterna dalla vita del figlio" rilevando la necessità di interrompere "al più presto questo legame malato" tra madre e figlio, dimenticando che l'ultimo provvedimento emesso prevedeva l'accompagnamento della madre presso una casa famiglia, e non del padre;

la circostanza relativa al "legame malato" tra la signora P. e il figlio, utilizzata dal giudice, al fine di giustificare l'adozione di un tale provvedimento, è smentita dalle considerazioni del dottor Sabatello, consulente tecnico d'ufficio, il quale definisce la signora P. "unico punto di riferimento" per il figlio e, nella sua relazione, non contempla neppure come ipotesi residuale o estrema il collocamento del minore lontano dalla madre, e da quelle del professor Cancrini e del dottor Di Bartolomeo, gli esperti psicoterapeuti che si sono occupati della vicenda, che confermano come il collocamento del piccolo A. L. F. presso la casa famiglia comporterebbe un trauma irrisolvibile;

il bambino, che ha sempre vissuto con la madre, ha un rapporto affettivo e relazionale imprescindibile con la stessa, e non si ravvisa nell'ordinanza del dottor Ianniello alcun tipo di problema psicologico o sociale o patrimoniale della figura materna, che avrebbe potuto legittimare una misura tanto intrusiva nella vita del minore;

ritenuto che:

la mancata ricerca di altre strade per superare il rifiuto del bambino nei confronti del padre, che pure erano state indicate dai periti, si è risolta in un provvedimento punitivo nei confronti del piccolo A. L. F. che dovrebbe, secondo il decreto, lasciare la sua casa, la sua città, la sua scuola, i suoi compagni e, soprattutto, la mamma, per trascorrere un periodo imprecisato a Roma, in una casa famiglia di cui non si conosce neppure il nome, quando invece sembra essere al momento un bambino che a scuola va bene e che vive serenamente con sua madre;

tale metodologia utilizzata da parte del dottor Ianniello appare all'interrogante un affronto al buonsenso che si discosta radicalmente dai migliori orientamenti e sensibilità che in tema di diritti dei bambini intendono promuovere una cosiddetta "giustizia mite";

provvedimenti simili, oltretutto, non sarebbero un'eccezione, come sottolineato dalle molte interrogazioni presentate da diversi parlamentari su diversi giudici del Tribunale per i minori di Roma; considerato, infine, che emerge ogni giorno che la struttura giudiziaria in questione soffre da tempo di una carenza di risorse finanziarie e di organico, la quale rischia di compromettere il funzionamento amministrativo del tribunale nonché la rapida conclusione dei procedimenti pendenti, si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno assumere, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative, con riferimento a quanto descritto in premessa, al fine di verificare l'eventuale sussistenza di presupposti idonei a promuovere un'azione disciplinare.

A tal fine, si segnala l'opportunità di appurare:

a) se siano stati garantiti nei confronti del minore citato la tutela dell'incolumità fisica e psicologica e l'ascolto delle sue ragioni, ed in generale i diritti garantiti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e se ci siano eventuali ragioni amministrative che impediscano la sua permanenza nel contesto familiare in cui è cresciuto;

b) se i minori coinvolti nelle cause di affido trattate dal giudice Roberto Ianniello, nei cui confronti sono state presentate interrogazioni parlamentari, richieste di ricusazione ed esposti al Consiglio superiore della magistratura, siano stati adeguatamente tutelati nel loro diritto di continuare a godere dell'affetto del genitore che rappresentava il loro unico punto di riferimento;

se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario verificare:

quanti siano all'anno i collocamenti in casa famiglia disposti dal Tribunale dei minori di Roma nei casi in cui esista un genitore idoneo che abbia un forte legame affettivo con il figlio;

a quanto ammontino annualmente le spese relative ai collocamenti in comunità o case famiglia disposti dal Tribunale dei minori di Romaconsiderando che il costo per lo Stato varia dai 70 ai 300 euro al giorno per ciascun minore;

quanti casi di collocamento in casa famiglia vengano attuati annualmente in presenza di genitori idonei ma indigenti, visto che appare evidente che un contributo economico alla famiglia in difficoltà avrebbe costi molto inferiori del mantenimento dei figli minori in una comunità;

quanti siano infine gli affidi condivisi concessi nonostante uno dei genitori abbia subito condanne o non sia stato ritenuto idoneo dai periti del giudice;

se non si ritenga di dover intervenire urgentemente al fine di garantire alla Presidenza del Tribunale dei minori di Roma le risorse necessarie per assicurare non soltanto il funzionamento amministrativo della struttura, ma anche la definizione rapida dei processi, in quanto, se è vero che una giustizia veloce dovrebbe essere garantita a tutti i cittadini, questa appare ancora più necessaria nei processi che interessano minori, dato che l'incertezza derivante da una situazione giudiziaria indefinita rischia di turbare permanentemente il fanciullo nella crescita. (4-03096)

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=00478437&part=doc_dc-allegatob_ab-sezionetit_icrdrs&parse=no

giovedì 17 giugno 2010

LA STANZA DELLA MEDIAZIONE



LA CULTURA DELLA MEDIAZIONE ENTRA NEL TRIBUNALE DEI MINORENNI DI ROMA.

L´ANNUNCIO E´STATO DATO DALLA STESSA PRESIDENTE DELL´ISTITUZIONE GIUDIZIARIA, MELITA CAVALLO :"PER LA TUTELA DEI BAMBINI E PER SALVAGUARDARE I SUOI RAPPORTI CON ENTRMBI I GENITORI HO DECISO DI INTRODURRE LE STANZE DELLA MEDIAZIONE, IN CUI I GIUDICI ONORARI ASCOLTERANNO LE COPPIE IN PRIMA UDIENZA E CERCHERANNO DI INDIRIZZARLE, APPUNTO AI SERVIZI DI MEDIAZIONE; SOTTOLINEANDO L´IMPORTANZA CHE ENTRAMBE LE FIGURE RESTINO PRESSO IL BAMBINO"

UN PRIMO PASSO CURCIALE NELLA GESTIONE DEI CONFLITTI IN SEDE DI SEPARAZIONE, A CUI LA CAVALLO HA FATTO SEGUIRE UNA RICHIESTA ANCORA PIU´INNOVATIVA: " METTERE A DISPOSIZIONE, IN OGNI PROVINCIA DELLA REGIONE, UN LUOGO BEN ATTREZZATO E CON PROFESSIONISTI "NEUTRALI" IN CUI POSSANO SVOLGERSI GLI INCONTRI PROTETTI CHE IN ALCUNI CASI PRESCRIVIAMO: ATTUALMENTE INFATTI , NEL LAZIO HA AGGIUNTO LA CAVALLO , QUESTI INCONTRI SI SVOLGONO SEMPRE PRESSO IL SERVIZIO SOCIALE DI COMPETENZA, IN PRESENZA DELLE STESSE PERSONE CHE, IN MOLTI CASI, HANNO ESPRESSO UNA VALUTAZIONE NEGATIVA SUL GENITORE. LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DI QUESTI INCONTRI NON VA A BUON FINE. SE VOGLIAMO TUTELARE LA RELAZIONE DEL BAMBINO CON IL GENITORE DOBBIAMO FARE QUESTO PASSO DECISIVO".

martedì 15 giugno 2010

I FIGLI DEI SEPARATI NON SONO OGGETTI



La separazione dei genitori causa tanti mali ai figli, particolarmente ai minori.

Infatti i figli fisicamente e psichicamente sono fatti e costituiti dalla realtà psico-fisica dei due genitori, che sono ancora la loro vita che li fa crescere, almeno lungo tutto il tempo della inferiore età.

La separazione è perdita di almeno una componente di questo principio di vita al quale i minori sono necessariamente e naturalmente legati e dipendenti, e pertanto crea uno stato di mortificazione in tutti i figli.
Il loro stare con l’uno o l’altro genitore è sempre una compensazione che tende a coprire questo vuoto mortificante.

Altro male della separazione e del divorzio: è l’orfananza e l’abbandono, nonostante siano affidati all’uno o all’altro dei due; è brutto sentirsi orfani, ma è peggio sentirsi orfani di genitori che esistono ancora, perché l’esistenza ne fa percepire ogni giorno la perdita.

Comunque sono tanti e prevedibili i problemi psico-fisici che gli orfani debbono affrontare e risolvere, quando è anticipatamente venuta meno una di queste due componenti energetiche vitali. Particolarmente gli orfani diventano facilmente persone insicure, perché la sicurezza del bambino si fonda sull’unione tra papà e mamma; nonostante sia meglio, anche per i figli, che i due genitori si separino, piuttosto che vivere in discordia o continue conflittualità distruttive dell’amore.

Soprattutto è importantissimo considerare ed apprezzare che la separazione dei genitori provoca e sviluppa un più forte legame, stringimento e solidarietà tra i fratelli, in occasione della perdita di una persona molto importante nella loro vita, sentita come una disgrazia mortale, della quale i fratellini si sentono superstiti.

Qualora un qualsiasi giudice, o qualsiasi altra persona, imponesse ai fratelli di andare avanti nella vita, ma separandosi tra loro: aggiungerebbe e imporrebbe disgrazia a disgrazia, lutto a lutto!

Putroppo a questa iniquità è arrivato un giudice, riconosciuta ed annullata dal Giudice della Corte d’Appello di Salerno, anche in nome della “mitologia” dell’Antica Grecia.

La separazione tra i minori, figli di genitori separati: è mortificazione umana dei medesimi, in quanto considerati schiavi-oggetto – sia pur di valore – motivata dal dovere di distribuire equamente i beni e i mali tra le parti che ne hanno diritto.

Come inoltre è mortificante purtroppo anche l’orfanatrofio, o qualsiasi Istituto, nei quali vengono collocati i minori, i poveri, o i deboli psicofisici: imprigionati a causa di mancanza o perdite di fattori importanti della loro vita, non attribuibili alla loro responsabilità.

Perché le istituzioni non fanno crescere, come solo i genitori possono fare crescere con le loro persone e con i loro mezzi: bensì condizionano corpi e cervelli, sia pure attraverso l’ambiente e la cultura.


Dott. G. Basso, psicologo, psicoterapeuta

venerdì 11 giugno 2010

LA PEDOFILIA DEI PADRI SPIRITUALI



Ai Sacerdoti piace essere chiamati “Padre” e, preferibilmente, la gente li chiama e li definisce con questo appellativo. Anzi a molti cattolici piace anche definirsi “figlio spirituale” del proprio Padre Spirituale, ed anche i Padri Spirituali chiamano “figli spirituali” quelli che li frequentano.

L’attribuzione del ruolo di “paternità spirituale”: inconsciamente è anche compensativa della carenza e della frustrazione della paternità fisica, mettendo in atto una pulsione comportamentistica imitativa del comportamento dei veri padri fisici.

Comunque tutto quello che avviene a livello di inconsapevolezza, o di non piena consapevolezza, corrisponde sempre ad una perdita di autocontrollo, e soprattutto dell’autocontrollo delle proprie pulsioni genitali, che il soggetto, in stato di piena coscienza aveva promesso e giurato di autocontrollare come impegno più importante della sua scelta di vita.

Putroppo la perdita di autocontrollo delle proprie pulsioni genitali avviene anche tra gli stessi fisici, che con la violenza sessuale, pretendono di esercitare la padronanza sulle proprie creature, anche rivendicando legalmente il diritto di proprietà sui minori, particolarmente nelle circostanze di separazione dei genitori; e i giudici la devono riconoscere, nonostante maltrattamenti e di eventuali abusi sessuali perpetrati verso i loro figli. Questi riconoscimenti legali arretrano la civilizzazione, riportando la società all’epoca dell’antica Roma, quando riconosceva al “paterfamilias” il diritto di vita e di morte su moglie e su figli. Oppure si ripete la”strage degli innocenti”, di erodiana memoria.

Il fenomeno della pedofilia accade più frequentemente in ambienti che raccolgono numerosi bambini “handicappati” da sintomi di povertà, di abbandono, di cecità e sordomutismo, di mutilazione o handicap fsico, di perdita precoce dei genitori; si tratta di orfanotrofi, patronati, collegi e qualsiasi comunità di minori, gestite da persone che hanno scelto il celibato per dedicarsi alla gestione dei bambini adolescenti e preadolescenti colpiti da queste disgrazie. Infatti più le sintomatologie si concentrano: più provocano bisogno di tenerezza, di commiserazione e di compassione.

Comunque le comunità sono sempre costituite da somme di beni e di mali, che pesano enormemente sulla buona e sulla cattiva coscienza di chi li gestisce.
Anche il Papa Woytila aveva scritto la raccomandazione di non concentrare ragazzine nelle sacrestie per fare da chierichette, ma a questo appello non si è dato alcun ascolto, come i fatti dimostrano.

La stessa minor età è un fattore provocatorio di questi interventi pedofili.
Ultimamente questo comportamento è stato favorito, accreditato, o permesso dalla autorevolezza della psichiatria, che il “famoso” psichiatra Richard Gardner ha personificato formulando, sul piano comportamentistico, metodi educativi e rieducativi per soggetti normali e deboli. Evidentemente la teoria di Gardner è stata giustificata dalla “deformazione professionale”, che sempre avviene da parte di chi si dedica esageratamente o esclusivamente all’esercizio nella propria professione. L’impressione che lasciano le sue teorie acquisiscono maggiore importanza anche perché sono idee di un medico e di uno psichiatra, e comunque contengono delle novità o contradizioni a ideologie precedentemente accettate.

A tutto si aggiunge che i comportamenti amorosi frequentemente avvengono in occasione di disgrazie, di disagi, di incomprensioni, di infedeltà, o di qualsiasi dispiacere e si tratta di isterismi compensativi di tutto quello che è accaduto di male; i pedofili normalmente sfogano il proprio isterismo, sempre inventando mali o beni che esistono o non esistono nella realtà delle persone abusate.

Tutti i pedofili ritengono di esercitare un benevolo paternalismo, attraverso la manipolazione sessuale, specialmente i “Padri Spirituali”, affermando di svolgere affettuosamente un’attività di assistenza, di educazione o anche di insegnamento tendendo a identificare con l’amore l’esercizio della propria incombenza e arrivando anche a definirlo missione.

Inoltre può dirsi pedofilia anche l’intrattenimento, comunemente più frequente e più lungo sui comportamenti sessuali, del proprio figlio spirituale, o del proprio allievo, o del proprio educando: attribuendosi il diritto e dovere di fare un discorso di educazione sessuale, specialmente nel periodo della preadolescenza, quando gli adolescenti incominciano a sentire maggiormente le prime pulsioni sessuali.

Il discorso della educazione sessuale assolutamente non appartiene al sacerdote, né all’educatore, né al docente come tale. Chi crea la vita ha il dovere e il diritto di istruire la propria creatura, sulle leggi della vita che gli ha data, creando anche la vita psichica, che è completezza di vita. Infatti questo dovere naturalmente il genitore lo svolge verso i tre anni, quando gli inculca la necessità e la motivazione dell’abbigliamento.

È un dovere che purtroppo deve sempre fare, anche controvoglia, perché insegna il male alla propria creatura, rendendola maliziosa e maligna.

Il sacerdote, che ha scelto di svolgere il compito della educazione e della gestione della spirituale, attraverso la sublimazione mistica della fisicità, cresciuta nello stesso sacerdote, come ogni altro essere umano normale: si è impegnato con il voto perpetuo del celibato, ad astenersi da ogni intervento fisico erotico e genitale sul proprio e altrui corpo.

La pedofilia esercitata dalle persone che hanno scelto il celibato dimostra la inopportunità della qualifica di “voto perpetuo”.
Infatti nella vita accade che sia umanamente sempre possibile cambiare opinione, o convinzione. o scelta.

Più utile ed opportuno in ogni tempo sarebbe allora il “voto temporaneo”, allo scadere del quale il sacerdote e qualsiasi persona “consacrata” possono sentirsi di continuare ad assumersi la responsabilità di quell’impegno, oppure di non sentirsi più in grado di assumersi quella responsabilità.

Come potrebbe accadere che gli stessi responsabili supremi delle istituzioni ecclesiastiche abbiano motivazioni di non ritenere più opportuno l’affidamento di queste responsabilità.

Il rinnovo è sempre un processo di generazione, o di rigenerazione della vita, e la vita l’ha capita solo chi ha capito che bisogna sempre ricominciare; mentre chi ha solo capito che bisogna “continuare”: non ha capito niente del valore della vita.

Dr.Giovanni Basso – Psicologo



giovedì 11 marzo 2010

VOCAZIONE DI “MAMMA”


La grandezza è la più importante onestà di una mamma ed è costituita dal rapporto che ha con la sua creatura, gestendola attraverso la simbiosi e attraverso il distacco.

Infatti la simbiosi è una pista di decollo e di slancio del bimbo verso la vita e il distacco da lei è il discorso educativo che lo conduce alla libertà, alla capacità di autogestione e di autosufficienza, affinché scelga le qualità di vita che più gli piacciono e che meglio lo affermino.

Questa grande vocazione merita appunto che quando si chiama la “mamma” le labbra si baciano due volte!

Sono invece madri traditrici della loro vocazione le madri possessive, quelle che sostituiscono i propri figli facendo loro tutto quello che questi dovrebbero già saper fare da soli; non chiedono mai ai loro figli “cosa farà da grande”, impongono di fare solo quello che vuole la mamma.

Altrettanto traditrici della propria vocazione sono le mamme che trascurano i propri figli, non hanno tempo da dedicare a loro, perché devono andare a lavorare, affidano i propri bimbi ai nonni, badanti, nutrici, ecc, quando non balbettano mai con loro, quando questi hanno ancora bisogno di un rapporto simbiotico.

Questi comportamenti sono più frequenti e quasi abituali nei padri, che fuggono dai propri doveri di presenza e di comunicazione e squalificando così il proprio dovere di paternità.

Evidentemente quelli che emarginano da sé i loro figli ostentano e vantano delle ragioni che giustificano queste perversioni comportamentali, dimostrando perciò di essere vittime delle loro ragioni.



Dott. G. Basso, psicologo

domenica 28 febbraio 2010

GUAI A CHI DA' SCANDALO AI PICCOLI (Matteo 18,6)

“…sarebbe meglio che si legasse un macigno al collo e si buttasse in fondo al mare”.

Purtroppo, con il suicidio, il Dott. Richard Gardner è finito in fondo al mare.

È follia concepire certe idee: come quella che il Dott. R. Gardner afferma autorizzando la violenza sessuale del genitore verso la propria creatura, autorizzando la pedofilia e certe altre assurdità relative al rapporto di coppia.

Infatti la non condanna, o la tolleranza di certi atti è autorizzazione a compierli.

Ma questo Dottore addirittura li afferma e li giustifica con personali argomentazioni paranoiche, che assurdamente vengono addirittura pubblicate, come anche sta facendo internet.

Già la mitologia antica, attraverso la tragica immagine di Edipo-Re, analizza le tragiche conseguenze di comportamenti sessuali tra parenti di stretta consanguieità (almeno di 1°,2°,3° grado), contro natura, raccontando che Edipo uccide il padre per sposare la madre, e si acceca pugnalandosi gli occhi, perchè quegli occhi avevano viste le nudità della madre. Altrettanto iniqui e perversi sono i rapporti sessuali tra padre, o madre, con la propria creatura, che perversamente R.Gardner autorizza, altre volte nega, altre vote tollera.

Questo Psichiatra rivela almeno di non essere sicuro della propria identità.

Conseguentemente alcuni tribunali, che gestiscono le separazioni della coppia, accreditano queste inique perversioni affidando i figli a chi ha abusato sessualmente di loro, o nonostante abbia abusato di loro, e comunque: indipendentemente da questi accertati episodi di abuso.

Quando si entra in certi deliri mentali: si va necessariamente verso il suicidio, o verso la sublimazione alienante dal proprio io; infatti il delirio perverte sempre l’istinto di vita in istinto di morte di fuga da se stesso.

Il Cristo, pronunciando il su-citato anatema, ha solamente richiamata l’attenzione dell’uomo dell’esistenza di questi processi autodistruttivi.

Il processo di crescita del bambino avviene attraverso il superamento del rapporto simbiotico madre-figlio, che afferma la propria individualità e indipendenza fisica e psichica, conformemente al desiderio della genitrice che intendeva creare un essere umano perfetto, come se stessa, ma diverso e distinto da se.

Pertanto ogni eventuale,rapporto sessuale genitore-figlio e adulto-bambino: è violenza regressiva, sempre traumatizzante e quindi minacciosa della esistenza infantile.

Ma l’abuso sessuale del genitore sul proprio figlio è anche un grave comportamento possessivo e regressivo, che tende a reinteriorizzare il figlio nell’utero della madre, contrariamente al processa naturale di crescita, che è liberazione, indipendenza e allontanamento dagli spazi delle origini.

Altrettanto perversa è la pedofilia, peggiore della schiavitù, perché strumentalizza e sfrutta le dinamiche della identità personale del bambino o dell’adolescente, mentre la schiavitù strumentalizza le energie vitali e la personalità del soggetto.
Il pedofilo adotta un comportamento padronale su persone di cui non ha alcun diritto.

È una persona incapace di gestire se stesso, di gestire le proprie pulsioni, non ha alcuna padronanza di se, come tutti quelli che si dicono padroni dimostrano di essere incapaci di padronanza di se; infatti tutti quelli che vantano padronanze sono persone adulte immature. Questa carenza padronale, o mancanza di autocontrollo, è patologica e pertanto esige di essere curata, perché infatti ê guaribile.

La pedofilia è una malattia mentale

Dr. G.Basso, psicologo


Traduzione in lingua inglese

And whoever may cause one of those little ones who believe in me to stumble ... (Matthew, 18,6)

"... it is better for him that a weighty millstone may be hanged upon his neck, and he may be sunk in the depth of the sea."

Unfortunately, through suicide, Dr. Richard Gardner ended up at the bottom of the sea.

It is crazy to accept certain ideas, such as those Dr. R. Gardner affirms when he condones sexual abuse by a parent to his own child, condoning child sex abuse and other absurdities concerning relationships.

Infact, he does not condemn child sexual abuse, nor the tollerance of certain actions and the permission carry them out. But this Dr. actually confirms them and justifies them using paranoid personal arguments, that actually get published - as is happening on the internet.

Already ancient mythology - with the tragic Oedipux Rex - analyses the tragic consequences of sexual behaviour between close relations, against nature, relating that Oedipus kills his father in order to marry his mother, and then blinds himself by stabbing himself in the eyes, because those eyes had seen his mother's nudity. Just as perverse are the sexual relations between father or mother with their own child, which perversely R. Gardner at times condones, at other times rejects, and at other times tollerates. This psychiatrist at least reveals that he is not sure of his own identity.

Consequenty, some courts of law that deal with the separation of couples, follow such perversion, awarding custody to the parent who has sexually abused the child, notwithstanding the fact that the parent has sexually abused the child.When we try to comprehend certain types of delirium they necessarily lead to suicide ... Delirium always perverts survival instincts and turns them into death instincts or escapism.

Jesus Christ, by pronouncing the above quoted words, only called our attention towards the existence of these self-destructive tendencies.

For a child to mature, there is a need for the child to become independent of the mother-child relationship, affirming their own individuality and physical and psychological independence, according to the desire of the parent to create a perfect human being, like themselves, but separate. Therefore, any sexual relationship between a parent and a child consists of regressive violence, putting the child back into its mother's uterus, and is contrary to the natural growing up process, which consists of liberation, independence and leaving one's origins.

Equally perverse is child sexual abuse, which is worse than slavery, because it instrumentalises and exploits the personal identity of the child or adolescent, whilst slavery only exploits the person's energy. A paedophile adopts patronizing behaviour towards somebody he has no right to do so with. A paedophile is a person unable to handle his own behaviour and instincts, without any control over themselves. This needs to be cured, because there is in fact a cure.
Paedophilia is a mental illness.

Dr. G. Basso




mercoledì 24 febbraio 2010

I FONDAMENTI DELLA GENITORIALITA'


frammenti da: "I fondamenti della genitorialità" di GABRIELLA CAPPELLARO, Psicoterapeuta

L’esperienza della relazione adulto/bambino è fondamentale alla crescita. La relazionalità è lo specifico di ogni persona. Il bambino è fin dalla nascita socialmente competente, attrezzato per la relazione (dà subito delle risposte alle cure che la figura materna gli presta), bisognoso di relazione (reclama la presenza della figura materna, ne patisce l’assenza e la carenza) e dunque portatore del diritto alla relazione (ha diritto alla presenza della figura materna).

Già molti anni fa, più di cinquanta, una neuropsichiatra francese, N. Quémada, formulava considerazioni tuttora attualissime considerando la madre (la figura materna) e il bambino come parti vitali di un’organizzazione speciale, in cui ciascuno dei due forma e perfeziona l’altro. La madre costruisce l’ammaternamento perché il bambino possa sentirsi amato, il bambino a sua volta stimola la madre a sentirsi tale, diventa autore del processo di maternizzazione nella madre.

Ma se il bambino, fin dalla nascita, si trova in situazione di non-ammaternamento, si stabilisce per lui una condizione di vita, anche se le cure materiali gli fossero assicurate, carica di conseguenze per lo sviluppo della sua personalità fino all’instaurarsi di turbe psicotiche e vere e proprie psicosi, che possono risultare poi solo parzialmente risolvibili, sempre comunque attraverso l’inserimento in una famiglia accuratamente scelta e lunghi interventi di psicoterapia.

Altrettanto grave può risultare per un bambino l’esperienza di de-ammaternamento, quando é allontanto dalla madre e ”la carenza di cure materne segue allo choc della separazione”. La regressione e le turbe che ne conseguono dipenderanno dalla proposta di legame che un altro adulto potrà fare al bambino.

Il concetto di ammaternamento verrà, in anni successivi, affrontato negli studi sull’attaccamento condotti da chi è ormai unanimemente considerato uno dei maggiori studiosi dello sviluppo infantile: J. Bowlby. Questo famoso pediatra e psicoanalista ha rilevato che il bambino privato di cure materne manifesta uno sviluppo ritardato fisicamente, intellettualmente e socialmente, fino ad instaurare veri e propri disordini fisici e mentali.

Fondamentale è l’attaccamento nei primi mesi di vita, quando il neonato impara a distinguere una figura particolare, la madre, e sviluppa un forte e riconoscibile desiderio di starle vicino. Dai sei mesi ai tre anni, la presenza della madre lo fa felice, la sua assenza lo turba profondamente. Il comportamento di attaccamento è specifico e durevole: è diretto verso uno o pochi individui solitamente in un definito ordine di preferenza e persiste per gran parte del ciclo della vita.

I primi attaccamenti non sono abbandonati facilmente anche se possono attenuarsi (adolescenza), diventare complementari ad altri attaccamenti ed essere talvolta sostituiti. L’attaccamento è dunque una condizione per cui un individuo è legato emotivamente ad un’altra persona percepita come più grande, forte, saggia.

Gli studi in materia hanno inoltre evidenziato una significativa continuità tra il modello di attaccamento del bambino piccolo e quello di cui la madre è porta¬trice.Per riflettere sulla relazione e sull’attaccamento che ne è il prerequisito, pensiamo a quanto accade tra una madre e il suo bambino neonato: vivono, nei primi tempi, in una specie di cerchio magico, quello che uno studioso di bambini, Daniel Stern, chiama “costellazione materna”, contesto particolarissimo dentro il quale ogni madre si situa con il suo bambino in quello scambio continuo che diventa il prototipo della relazionalità successiva.

Il rapporto madre/bambino, assolutamente essenziale per la crescita del bambino, è il risultato di una serie di esperienze, ognuna delle quali deve contenere tre elementi: sensorio (il bambino percepisce), motorio (il bambino agisce), affettivo (il bambino si sente oggetto di un interesse speciale da parte della madre). Solo a queste condizioni le singole esperienze saranno internalizzate dal bambino e diventeranno parte della sua mente, facendogli sperimentare il senso di un Sé emergente fin dalla nascita.


IL MITO DELLA NEUTRALITA'

di Lundy Bancroft

"Non è possibile emettere un giudizio completamente neutro quando si tratta di un uomo violento e una donna vittima. Come spiega la Dott.ssa Judith Herman molto eloquentemente nel suo capolavoro "Trauma e Ricovero" la "neutralità" in effetti avanza gli interessi dell'aggressore molto più degli interessi della vittima e non può dunque essere considerata una cosa neutra. Visto che l'aggressore preferisce avervi completamente dalla sua parte, si accontenterà prefettamente della vostra decisione di prendere una via di mezzo. Per lui, questo significa che considerate il problema di coppia in parte colpa della donna, e parte colpa sua, dunque non si tratta più di violenza.

In realità, rimanere "neutri" significa colludere con l'agressore, intenzionalmente oppure no. Se siete coscienti di un maltrattamento cronico oppure severo e non agite, il vostro silenzio comunica che non vedete nulla di inaccettabile. Gli aggressori interpretano il silenzio come un'approvazione, o comunque un perdono. Per la donna vittima intanto, il silenzio implica che nessuno la vuole aiutare - esattamente ciò che desidera l'agressore. Chiunque decide di chiudere un occhio diventa dunque l'alleato dell'aggressore... E se vedete o sentite violenza o minacce, significa che dovete chiamare la polizia"

Lundy Bancroft, dal libro: "Ma perché lo fa? (Nelle menti degli uomini arrabbiati e controllanti)."
http://pma-madri.blogspot.com/2010/02/il-mito-della-neutralita.html

sabato 20 febbraio 2010

MAMMA


Ti voglio bene, Mamma, come il mare!
Non basta: come il cielo! No, più ancora.
Mamma, ci penso già da quasi un'ora,
eppur quel nome non lo so trovare.
Il nome di una cosa grande grande
che ci stia dentro il bene che ti voglio.
Una balena, forse, o un capodoglio...
Oh, mamma, non mi far tante domande.
So che quando ritorno dalla scuola
i gradini li faccio a rompicollo,
per l'impazienza di saltarti al collo,
e il cuoricino, puf, balza in gola.
Ti voglio bene quando sei vicina
e quando non ci sei, quando mi abbracci.
Ti voglio bene anche se mi sculacci.
Sei soddisfatta, adesso, o no, mammina?


Luigi Santucci

venerdì 19 febbraio 2010

MADRE INSOSTITUIBILE


E' quella che ha fatto i figli; nessun’altra potrà sostituirla, perché la mamma è un episodio assolutistico-esistenziale: fisico, psichico, morale, spirituale ed eterno, cioè incancellabile di se e dei propri figli.

Qualsiasi altra persona che sostituisse la eventuale scomparsa della madre: sarebbe semplicemente un surrogato, e comunque un’altra realtà, radicalmente diversa dalla vera madre.

E`molto importante che la madre sia cosciente di questa specifica ed insostituibile identità di se; infatti la coscientizzazione è affermazione di se. Quando ha messo al mondo la sua creatura, era intenzionata che ambedue vivessero più a lungo possibile, per continuare a farla crescere e maturare, continuando quel processo di vitalizzazione incominciato all’interno del proprio utero.

Ogni buona coscientizzazione è soffio di vita, come purtroppo una cattiva coscientizzazione è distruttiva della vita. Lei: autrice della vita, continuando a vivere assieme, descrive un lungo poema di inno alla vita.

“Quando sarò grande, sarò anch’io come mia mamma”. È l’ideale spontaneo che, molto presto, ogni tenera creatura rivolge a se stesso, trovando nella madre la propria immagine di vita. Come anche ogni madre si identifica con il proprio figlio, che incarna e incarnerà in se tutti i valori più belli e più importanti della vita.

Anche la Madonna-Mater Dei svolge il proprio compito di maternità verso il proprio Figlio e Figlio di Dio, con la cui Divinità miracolistica si identifica, organizzando il miracolo delle Nozze di Cana, affermando “fate quello che Lui vi dirà”(Giovanni 2,5) e Lui stesso si identifica con Sua Madre accettando il suo invito a compiere il primo miracolo.
Il fatto stesso che Dio abbia scelto di avere una Madre è la più grande esaltazione ed affermazione della grandezza e della essenzialità di una madre.
Questa essenzialità dura e durerà per tutta la vita, e l’immagine di Lei, fisica e mentale, costituisce il modello di vita che ogni figlio vorrà e dovrà vivere, perché questo modello è costituito da tutti i valori insiti nella infinità della vita.

Non sarebbe naturale che una madre mettesse al mondo un figlio perché fosse disonesto, delinquente, perché soffrisse, facesse un qualsiasi male, ecc. Questa eventuale assurdità solo patologica. Cioè le madri hanno il compito di continuare a fare crescere i propri figli, affinché scelgano una qualità di vita bella e onesta, possibilmente anche migliore di quella che hanno vissuto, o stanno vivendo loro stesse.


Dr. Giovanni Basso-psicologo

domenica 14 febbraio 2010

MAMME DISCRIMINATE



La cronaca nera ci racconta ogni giorno la tragica realtà quotidiana di uomini che uccidono le proprie ex: l’Istat conferma come in Italia ogni anno ci sia un omicidio di questo tipo ogni 3 giorni, circa 120 donne l’anno uccise dal proprio compagno/ex/marito e SEMPRE per “futili motivi” generalmente passionali, gelosia o possesso.

Le statistiche (ed i fatti) ci dicono pure che molti di questi uomini violenti fanno del male anche ai bambini: male fisico o psicologico, violenza sessuale. Ma la donna non uccide nonostante gli aberranti motivi (e non futili) che potrebbero indurla a farlo: la donna si difende affidandosi...alla Giustizia!La donna è nata per procreare: non può uccidere.

Ed è così che allora la donna si "fida e affida" alla Polizia, ai Servizi Sociali, ai Tribunali: ci crede la donna nella sua ingenuità, ci crede perchè non sa che DENUNCIANDO sta segnando la sua condanna a morte. E quella dei suoi figli...
La maggior parte delle famiglie in cui si consuma un incesto vive nell’omertà della madre per paura: paura di essere punita dal papà che abusa dei figli!! E la TV, le riviste, i media e la Polizia continuano a fare le così dette "pubblicità progresso" tentando di spronare le donne a parlare, a non aver paura.

Ma la realtà ci insegna invece quanto tutto questo sia una truffa. Se una donna, una mamma prova a denunciare un caso d'incesto lo Stato punisce immediatamente lei togliendole il figlio, e poi anche il bambino: chiudendolo in qualche istituto. Per il padre forse si apre un procedimento penale che finisce quasi sempre con l'archiviazione, aumentando la lista di quei finti innocenti che amano farsi coccolare nelle trasmissioni.

E tutti a compatirli, e tutti che guardano storto una mamma che ha cercato solo di proteggere il figlio, e tutti che sembrano dimenticare quanto siano vere certe realtà, preferendo credere negli "equivoci", o ancor peggio, nella "calunnia" di una madre.

La nostra "Giustizia" sta svilendo e punendo nel più crudele dei modi le mamme forti e protettive, e nel più barbaro dei modi: uccidendo loro goccia a goccia i propri figli!! Figli troppo spesso ritenuti colpevoli di aver detto semplicemente come "giocavano" col loro papà.

http://mammissima.blogspot.com/2010/02/mamme-violentate-dallo-stato.html

DI MAMMA CE N'E' UNA SOLA!


Il bambino è sempre in simbiosi con la mamma e soprattutto la mamma deve essere in simbiosi con la sua creatura.

È un grosso errore dichiarare che il figlio, crescendo, si stacca, o deve esistenzialmente staccarsi dalla madre. Come sarebbe una grande mutilazione su di se e sulla propria creatura: qualora la madre si staccasse dal figlio; infatti nel momento in cui la donna diventa madre amplia eternamente la dimensione psicofisica del proprio io, lei non sarà più individuo, né persona singola. In lei avviene quello che è avvenuto nel rapporto Madonna-Gesù Cristo che, incarnandosi e anche morendo: ha continuato ad essere Figlio di Dio.

È accaduto che la Madre di Gesù, dal momento dell’annunciazione della sua maternità fattagli dall’Angelo Gabriele, è diventata eternamente “Mater Dei”, confermandosi tale anche quando muore in Croce, quando è nel Sepolcro e quando ascende in Cielo, e il Cristo incarnandosi ha continuato ad essere in simbiosi con Dio Padre e Dio Spirito Santo.

Pertanto la perdita, o l’assenza, della madre rappresenta una grave mutilazione del gruppo madre-figlio/a. Infatti madre-figlio hanno incominciato la vita (lei come madre, lui come figlio), sono cresciuti fisicamente, psicologicamente e spiritualmente insieme.
Il padre non ha mai cominciato a vivere legando la sua vita alla vita del figlio e non è mai cresciuto assieme al figlio; cioè: non è mai esistito un rapporto simbiotico padre-figlio.
Non c’è simbiosi tra padre-figlio, anche se nel figlio c’è sempre della mascolinità anche nella bambina, come c’è della femminilità anche nel bambino.

Pertanto una crescita corretta ed onesta dei figli dovrebbe avvenire attraverso la concrescita con la figura materna, e l’ideale sarebbe che la madre fosse una buona madre, perché la sua creatura sia una buona e bella creatura, poiché la naturale tendenza del bambino è l’imitazione del modello materno. Purtroppo esistono anche delle brutte figure materne, che alterano la crescita dei propri figli.Come esistono anche dei buoni padri che, volendo tanto bene ai propri figli: sono onestamente invidiosi della madre, che ha potuto creare la vita con una partecipazione a loro non possibile.

Qualora la madre mancasse: la sua tenera creatura orfana risente di una grave carenza esistenziale, che solo in parte può essere compensata dallo stesso padre.

È anche vera l’affermazione che” i figli non sono di chi li fa, ma sono di chi li cresce”, ma si tratta sempre di un rapporto compensativo, che non riempie tutto il vuoto esistenziale causato dalla perdita della madre; permane una parte significativa di vuoto affettivo, come è confermato dai problemi affettivi che hanno sempre tutti quelli che sono diventati orfani di madre in tenera età. Niente e nessuno potrà sostituire o compensare la pienezza affettiva ed esistenziale di una madre.

Perciò una buona madre adottiva deve essere cosciente che sarà sempre un po’diversa e inferiore alla madre vera della creatura che ha adottata.

di Giovanni Basso, picologo, psicoterapeuta

MAMME vittime della PAS


Dopo anni di discriminazione nelle cause di affidamento della prole e condotto dure lotte per vedere riconosciuta la loro presenza genitoriale nella vita dei propri figli, i padri italiani finalmente ce l’hanno fatta!

Il numero dei padri impegnati in questa lotta è cresciuto a dismisura tanto da meritare l’attenzione dei politici che hanno dovuto metter mano alla legge e modificarla.Giustizia è fatta? Non proprio…La giustizia, che dovrebbe fare da ago della bilancia, troppo spesso fa pendere eccessivamente da una parte o dall’altra le sue decisioni. La figura genitoriale paterna, una volta poco riconosciuta, oggi tende ad avere la meglio (anche in qualche caso di padre poco "meritevole").

E pure gli operatori sociali si sono adeguati a questo “trend”, tanto che oggi sta nascendo una nuova categoria, quella delle MADRI discriminate dal sistema…lo testimoniano i diversi casi di cui si occupano i mass media.

Le madri di oggi sono più esposte, che in passato, ad essere considerate inaffidabili e manipolatrici…la vera rovina dei loro figli! A loro non viene scontato nulla, pretendendo sempre di più e anche l’impossibile…e sembrano avere sempre torto.

Se prima si assisteva alla sottrazione dei figli ai genitori drogati, alcolizzati, violenti o comunque lesivi per i minori, oggi è sufficiente che due genitori abbiano un “rapporto conflittuale” per vedersi portare via i figli.

O ancora, il sospetto più o meno fondato che ci sia “alienazione genitoriale” (quasi sempre è la mamma ad essere accusata di mettere in cattiva luce il papà agli occhi del loro figlio).

La teoria di R. Gardner sulla PAS, ossia “sindrome da alienazione genitoriale” è appunto una teoria e non una scienza inconfutabile.In America la PAS è conosciuta e applicata da decenni, con risultati drammatici per le mamme e i bambini, tanto che sono nate organizzazioni come la Mother’s Alliance che tutela le donne alle quali sono stati sottratti i figli. E’ necessario ripetere l’esperienza anche qui in Italia?

NELLE CAUSE DI AFFIDAMENTO DEI FIGLI NON CI SONO VINCITORI NE’ VINTI !!

A pagare il prezzo più alto sono sempre e solo loro: i BAMBINI, stritolati da un sistema che, anziché tutelarli aiutando le loro famiglie, li distrugge.

Questi bambini sottratti ai genitori vengono rinchiusi in case-famiglia, altrimenti dette comunità, luoghi ritenuti “neutri” dagli istitutori e dove “non vengono condizionati”.Togliere un figlio a una madre è come estirpare le radici alla terra!!Ci si può opporre a tutto questo? I tempi purtroppo non sono ancora maturi per poter parlare di malagiustizia.

L’esperienza mi insegna anche che nelle cause di separazione tra coniugi, a soccombere spesso non è tanto la parte che, con la sua condotta, ha causato la fine del rapporto, bensì la parte che per mancanza di informazione e/o di mezzi economici, non riesce ad attivarsi per proporre ricorsi nelle opportune sedi giudiziarie avverso il cattivo servizio offerto sia dagli operatori sociali che della giustizia più in generale.

http://usciamodalsilenzio.blogspot.com/

BIMBO CONTESO, LA MADRE: "BASTA VIOLENZE SU MIO FIGLIO"

BATTAGLIA COL PADRE AMERICANO. DRAMMATICA UDIENZA IN TRIBUNALE.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 25 nov. -

In occasione della giornata dedicata ai diritti dei minori, "il Tribunale per i minorenni di Roma convoca LGM, il bambino di otto anni conteso fra l'Italia e gli Stati Uniti e noto alle cronache americane con ampi servizi su Fox e Cbs. Qui, nonostante i pianti e le urla disperate del minore, confermate da testimoni presenti all'accaduto, il giudice obbliga LGM a vedere il padre non tenendo in alcuna considerazione l'evidente stato di choc del minore.

Testimoni dell'accaduto affermano di avere sentito le urla e i pianti fin nei corridoi del Tribunale: una scena d'altri tempi".E' quanto si legge in una nota di Manuela Antonelli, la mamma del bambino conteso, e dei suoi legali. "Questo e' il diritto all'ascolto sancito dalla Convenzione internazionale di New York applicato da alcuni giudici del Tribunale per i minorenni di Roma- si sottolinea nella nota-.

Il bambino motiva l'inutile e disperato tentativo di sottrarsi alla vista del padre con il ricordo di passate violenze sessuali e il giudice, anziche' approfondire tali gravissime affermazioni, decide di portare LGM nuovamente in casa famiglia, vietando inspiegabilmente il rapporto fra la madre, i parenti della madre e il minore.

Tale incredibile decisione e' stata presa contro il parere del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni che consigliava il collocamento del minore presso la madre e nonostante una approfondita consulenza tecnica disposta dallo stesso Tribunale dove si legge che 'il bambino ha bisogno della madre e sconsiglia di tenerlo stabilmente separato dalla stessa'". Il padre del bambino e' americano "e violando tutte le elementari regole di rispetto e privacy ha attivato su Internet una campagna di disinformazione e denigrazione della madre e della giustizia italiana, in numerosi siti, oltre all'esatta indicazione del nome e cognome del figlio ha inserito filmati che lo ritraggono senza alcuna precauzione.

I commenti americani sui siti e su youtube sono desolanti: in uno di questi si legge "non comprate nulla dall'Italia e non andateci in vacanza, l'Italia e' peggio dell'Iran". I legali della madre, la signora Antonelli, hanno ricusato il giudice che ha firmato l'ordinanza e annunciano reclamo presso la Corte d'Appello e un esposto al Consiglio superiore della Magistratura. "Il bambino non vuole tornare in casa famiglia, dove ha dichiarato, in sede di consulenza tecnica d'ufficio, di avere subito atti di bullismo da parte di bambini piu' grandi.

Lo si portera' via con la forza? Si fara' violenza a un bambino che urla la sua disperazione costringendolo a separarsi dalla madre? Ci sono pressioni esterne che stanno condizionando i giudici?". La madre "rompe il silenzio e chiede aiuto ai media italiani perche' si occupino con spirito di verita' e nel rispetto dei diritti dei bambini di questa terribile vicenda, chiedendo pero' di non diffondere immagini e il nome di suo figlio.

La madre chiede aiuto a tutte le associazioni che in Italia si occupano della tutela dei minori perche' a suo figlio non sia fatta ancora violenza".(Wel/ Dire)

PAS:SINDROME DA ALIENAZIONE GENITORIALE O IMPUNITA' PER IL GENITORE ABUSANTE?

Le incredibili teorie di Richard Gardner

Gardner sostiene che la pedofilia sarebbe “considerata come la norma dalla grande maggioranza delle persone nella storia del mondo” e il padre abusante avrebbe avuto la sfortuna di vivere in un momento storico particolarmente punitivo verso questa pratica.

L’autore ribadisce che la società in futuro dovrebbe modificare l’attuale atteggiamento di condanna verso i pedofili, evitare le punizioni nei loro confronti e riconoscere invece il loro ruolo importante per la sopravvivenza della specie umana.

"La terapia proposta da Gardner consisterebbe nel costringere il Genitore alienante ad astenersi dall'esprimere opinioni negative sull'altro, costringendo anzi, assieme ai figli, a manifestare affetto. Per ottenere ciò si ricorrerebbe a misure del tribunale, minacciando la perdita dell'affidamento e così via."

"Il padre che ritiene di essere vittima di PAS anche in buona fede è comunque spinto a ricercare negli altri e mai in se stesso le colpe di ciò che avviene, mentre se non facesse riferimento a quella categoria, potrebbe essere agevolato nel farsi aiutare, per esempio, a migliorare la relazione con i propri figli."

di Roberta Lerici

Ecco una sintesi delle teorie di Richard Gardner, inventore della PAS, ovvero la "Sindrome da alienazione genitoriale". E' importante leggerle, per capire come mai tanti figli abusati, finiscono poi per essere affidati dai tribunali, proprio al genitore abusante.Gardner è anche un teorico della grande percentuale di "falsi abusi" nelle cause di separazione, una percentuale che, in realtà, molti autorevoli studiosi affermano essere bassissima.

La PAS non è attualmente riconosciuta come malattia mentale, ma in Italia sono molti i convegni in cui se ne discute.La pericolosità di un eventuale riconoscimento di questa sindrome, però, risiede nel fatto che diagnosticando nel bambino la PAS, si finisce per non crederlo, quando afferma di non voler vedere più uno dei due genitori, perchè ha abusato di lui.In alcuni casi, i giudici sottraggono il minore al genitore di cui egli si fida, per lasciarlo nelle mani del suo aguzzino.Oppure, in alternativa, il bambino viene allontanato da entrambi i genitori, e affidato a una casa famiglia, dove trascorrerà anche degli anni lontano dai suo affetti più cari.

Non è raro, infatti, che per "guarire" il bambino da una malattia inesistente, lo si allontani anche dai parenti legati al genitore che si ritiene abbia convinto il figlio a raccontare bugie e addirittura abusi sessuali.Ed ecco la sintesi delle teorie che i lettori del sito riconosceranno, per essere state usate anche in diversi casi di pedofilia extrafamiliare.
----------------------------------------------------------------------------------
..."Non aiuta certo la considerazione della teoria di Gardner ricordare le sue riflessioni sulla pedofilia come vantaggiosa per la specie e non intrinsecamente dannosa per il bambino. Gardner riteneva che denunciare molestie sessuali poteva significare danni psicologici per il minore, soprattutto in riferimento al senso di colpa e al naturale processo di desensibilizzazione.

In uno degli ultimi articoli che ha pubblicato, Gardner (2002b) risponde metodicamente alle numerose critiche che gli sono state mosse, e afferma di non essere mai stato un sostenitore della pedofilia e di ritenere anzi che l’abuso sessuale sia un sopruso esecrabile. Tuttavia, i suoi scritti precedenti sono in contrasto con queste affermazioni.Inoltre, anche se in alcuni articoli sostiene che ci sono casi veri di abuso sessuale del tutto diversi dalle false denunce nei casi di separazione (Gardner, 1999a), in altri luoghi ribadisce che gli incontri sessuali tra bambini e adulti non sono necessariamente traumatici e che la reazione di milioni di persone ai casi di abuso effettivamente avvenuto è esagerata.

Alcune citazioni sono illuminanti rispetto alla sua posizione.Per esempio, Gardner sostiene che la pedofilia sarebbe “considerata come la norma dalla grande maggioranza delle persone nella storia del mondo” e il padre abusante avrebbe avuto la sfortuna di vivere in un momento storico particolarmente punitivo verso questa pratica.L’autore ribadisce che la società in futuro dovrebbe modificare l’attuale atteggiamento di condanna verso i pedofili, evitare le punizioni nei loro confronti e riconoscere invece il loro ruolo importante per la sopravvivenza della specie umana.Molto spesso, secondo Gardner, il bambino abusato non ha bisogno di psicoterapia.

I principali danni non deriverebbero dall’abuso in sé, ma dalle reazioni innescate nella società una volta scoperto.Particolarmente pericolose sarebbero le reazioni “isteriche” della madre: “Se la madre ha reagito all’abuso con isteria (…) allora il terapeuta farebbe bene a cercare di calmarla (…) la sua isteria contribuirà a far sentire al bambino che è stato commesso un crimine ignobile e quindi diminuirà la probabilità di un qualsiasi riavvicinamento al padre. Bisogna fare di tutto per aiutarla a considerare il “crimine” nella giusta prospettiva. Deve essere aiutata a comprendere che storicamente nella maggior parte delle società questi comportamenti erano diffusi ovunque e tuttora lo sono”.

Di conseguenza, i principali interventi terapeutici da effettuare sarebbero i seguenti (Gardner 1999a): • tenere a bada l’isteria della madre e la sua eccessiva pudicizia che l'ha resa probabilmente una partner sessuale poco soddisfacente; • rassicurare il padre abusante e il bambino sulla normalità dei rapporti sessuali tra adulti e bambini in altre culture e contesti storici; • aiutare il bambino sessualizzato a gestire l’erotizzazione eccessiva incoraggiandolo alla masturbazione.

Gardner sostiene pure che i giudici che perseguono gli abusanti hanno degli impulsi pedofili repressi e traggono una gratificazione voyeuristica nel condurre questi processi. In sintesi, anche se ammette che ci siano casi di abuso sessuale intrafamiliare, il teorico della PAS sostiene che siano facilmente distinguibili dalle false denunce e che non si tratti comunque di un evento dannoso per il bambino.

Colpisce il parallelismo tra il discorso dello psichiatra Gardner e le teorie dei movimenti filopedofili, in cui si ribadisce l’innocuità dell’abuso sessuale, che non solo non verrebbe mai praticato con la forza (in effetti all’abusante basta ricorrere all’ascendente che ha sul minore e/o all’incapacità di comprendere di quest’ultimo), ma provocherebbe piacere al bambino senza conseguenze negative.

Queste spiegazioni corrispondono alle razionalizzazioni tipiche degli abusanti: essi tendono a negare l’abuso anche ai propri occhi, a mancare completamente di empatia nei confronti della vittima e a giustificare la ricerca della propria gratificazione negando la sofferenza di quest’ultima (Crisma e Romiti 2007).

Secondo altri, le affermazioni di Gardner riguardo alla pedofilia sarebbero estrapolate dal contesto in cui lo psichiatra fa riferimento alle teorie freudiane di attaccamento complesso dei bambini ai loro genitori e di " perversione polimorfa " dei bambini. "Perversione" perché il bambino è capace di perseguire il piacere indipendentemente da scopi riproduttivi, e "polimorfa" perché lo persegue mediante i più svariati organi corporei.Freud teorizza che lo sviluppo sessuale dei bambini è legato alla relazione con ciascun genitore a seconda del sesso del bambino e che lo sviluppo è correlato direttamente agli stili genitoriali che potrebbe o anticipare la maturazione sessuale dei bambini o, al peggio, arrestarlo, con gravi conseguenze nell'età adulta (Bessette 2008).

Solo uno studio è stato condotto per una ricerca empirica sull'evidenza della PAS, facendo un confronto tra i terapisti che l'ammettono, adottando lo schema fornito da Gardner e concludendo circa una omogeneità di risultati.Il limite di tale studio è che si dà per scontato che tale schema sia valido, inoltre gli psicologi coinvolti sono solo 18, già d'accordo con le teorie di Gardner (Rueda C., An inter-rater reliability study of Parental Alienation Syndrome. American Journal of Family Therapy 2004; 32(5) 391-403 cit. in Meier 2009).

Si può quindi concludere circa l'esistenza dell'alienazione parentale ma non sull'esistenza della Sindrome. Non esiste nessuna prova scientifica dell'esistenza della PAS. Nessuna associazione professionale ha accettato la PAS essendo senza fondamento scientifico.Al limite essa può essere usata per descrivere un particolare disturbo del rapporto tra adulto e bambino le cui cause possono essere le più varie. Essa non può essere descritta come disturbo psicologico e addotta come valido argomento legale.

Nonostante ciò la teoria di Gardner ha fortemente influenzato le corti di giustizia e coloro che devono decidere circa l'affidamento dei figli. Purtroppo ciò ha portato anche a un certo scetticismo nei riguardi delle accuse di abuso sessuale nei contesti di controversia tra ex-coniugi, dando per scontato che esse potessero essere false. La PAS viene spesso invocata anche in altri contesti, ad esempio quando una madre si oppone a un cambiamento delle disposizioni circa l'affido dei figli o quando un padre si difende da accuse di abuso (non solo sessuale).Meier cita un caso in cui un perito ha postulato l'alienazione nel contesto di accuse di abuso sessuale, dopo avere assistito in uno spazio neutro all'incontro tra padre e figlio. L'incontro è stato giudicato molto affettuoso e caloroso, al punto da escludere la possibilità di abusi (e affermare nel contempo la presenza di PAS).

Al contrario, la ricerca indica che non si può valutare la veridicità delle accuse, osservando le interazioni tra le parti; la maggior parte dei bambini abusati infatti continuano ad amare i loro genitori abusanti e bramano attenzione amorosa da loro.Questo modo di vedere le cose può portare non solo a non credere al bambino e alla madre ma anche ad affidare il bimbo al genitore abusante.

Invece, si parla di "alienazione parentale" (= PA) o "bambino alienato" come di un concetto valido, che descrive un fenomeno reale vissuto da una minoranza dei bambini nel contesto delle controversie in materia di divorzio e l'affidamento. Un "bambino alienato" come colui che esprime liberamente e con insistenza, irragionevoli sentimenti negativi (come rabbia, odio, rifiuto e / o la paura) nei confronti di un genitore, sproporzionate rispetto alla reale esperienza.Si parla di PA in riferimento ad una particolare vulnerabilità del bambino unita a comportamenti di entrambi i genitori, al contrario della teoria della PAS che vede un unico GA come agente principale.

Gli studi compiuti hanno portato al risultato che spesso gli uomini alienanti sono persone che maltrattano le mogli in presenza dei bambini.Non si può accettare la terapia suggerita da Gardner di sottrarre il bambino al GA nei casi più gravi, ma ritiene sia necessario concentrarsi sulle necessità del minore piuttosto che sul diritto dei genitori. L'obiettivo, da raggiungere attraverso la terapia, è quello di favorire una relazione sana con entrambi i genitori, anche perché gli studi di psicologia dello sviluppo mettono in evidenza che l'alienazione come conseguenza del divorzio (a meno che non si sia in presenza di abuso da parte di un genitore) è una fase che si esaurisce con la crescita.

Il concetto di PA può permettere un approccio più equilibrato al concetto di alienazione, anche se nella pratica molti fanno confusione tra PAS e PA e alcuni intenzionalmente parlano di PA nei Tribunali, per non correre il rischio di ricevere critiche riguardo l'infondatezza scientifica dell'assunto.Il problema è che sia gli assertori della PAS che quelli della PA rischiano ancora di non distinguere tra i minori ostili nei confronti di un genitore a causa di abuso o di trascuratezza e coloro che sono stati alienati a causa di un condizionamento.

Questa confusione contribuisce inevitabilmente ad oscurare l'abuso come una ragione per il rifiuto dei bambini di un genitore, e la tendenza a caratterizzare erroneamente i bambini abusati come patologicamente "alienati", ignorando la realtà che essi sono effettivamente abusati.Va notato che anche i bambini che subiscono violenza passiva ricevono un abuso e possono reagire con un atteggiamento ostile nei confronti per esempio del padre che maltratta la madre. Anche nel caso di genitori alienanti, solo il 6% dei bambini mostrava un rifiuto categorico e il 20% atteggiamenti negativi in modo costante. Esclusi i casi di vero e proprio abuso, soltanto il 10% risulta essere stato "alienato".

Quindi le ricerche hanno messo in luce che i casi di alienazione (che non facciano parte di un comportamento abusante) sono rari. La tendenza dei sostenitori della PA a trattare l'alienazione come il problema dominante che affligge i bambini di divorzio/separazione continua la tendenza iniziata dalla teoria PAS ad emarginare e mascherare il vero e proprio abuso e trascuratezza.Si è così passati dalla PAS alla PA per escludere il concetto di sindrome ed affermare tuttavia la possibilità che un bambino possa essere condizionato a comportarsi negativamente contro un genitore senza alcun fondato motivo (Surface 2009).

Tuttavia il termine PA descrive un bambino che dimostra forte avversione o antipatia per un genitore e tale atteggiamento può essere una risposta adattativa e salutare a comportamenti violenti o comunque non idonei dei genitori.Un bambino può diventare alienato da un genitore che è infedele, violento, inaffidabile, che abusa di droga o alcool, o che ha abbandonato la famiglia. Allo stesso modo, PA può porsi all'interno di un normale processo di sviluppo dei figli.
L'alienazione può essere legata anche al comportamento di un genitore che vorrebbe imporre il proprio modo di vedere le cose, la propria Weltanschaaung, o la propria idea di educazione, di regole, di disciplina e così via e ciò contro le opinioni dell'altro genitore. Tutto ciò anche all'interno di una famiglia "intatta".
Allontanamento dei figli dall'altro genitore.

La PAS può essere considerato un sottoinsieme patologico di PA (Hoult 2006 ). Si prendono le distanze da Gardner quando afferma che il GA è colui o colei che consciamente mette in atto un deliberato programma di condizionamento, ritenendo piuttosto essere l'alienazione frutto di comportamenti inconsci o legata a problematiche psicologiche del GA (come ad esempio profonda sfiducia o paura nei confronti dell'ex-coniuge).

Spesso infatti i genitori alienanti ritengono davvero che l'ex-coniuge possa essere pericoloso per i bambini. L'attenzione che si rivolge a questi temi è sproporzionata all'incidenza dei casi e distoglie da ciò che è veramente importante: l'abuso, il maltrattamento e la negligenza nei riguardi dei minori.Più che di bambini "alienati" occorre parlare di bambini "allineati" con il genitore a cui sono affidati in un'ostilità contro l'altro, ostilità che in ogni caso scompare nel giro di due anni. Sarebbe preferibile utilizzare il termine "allineamento" (Johnston 2003) di un bambino con il genitore preferito e il suo conseguente "rifiuto" dell'altro.

I rapporti dei bambini con i genitori dopo la separazione e il divorzio sono visualizzati su un continuum da positivo a negativo, con la maggior parte dei bambini che hanno relazioni positive con entrambi i genitori. A differenza di Gardner, le forme più lievi di"allineamento" con un genitore e il rifiuto mite dell'altro sono considerati relativamente normali. In ragione di temperamento, età, sesso, interessi condivisi, comportamenti dei genitori, rapporti con i fratelli, ecc., i bambini possono gravitare più verso uno dei genitori piuttosto che l'altro, anche se tale affinità di solito cambiano con il tempo adeguandosi alle mutevoli esigenze di sviluppo e alle situazioni diverse.

Più raro è un certo grado di rigetto di un genitore dopo il divorzio; questi sono bambini che dimostrano un chiaro "allineamento" o preferenza per un genitore durante il matrimonio o la separazione e cercano un contatto limitato con il genitore non preferito dopo la separazione.La maggior parte dei bambini "allineati" non respingono l'altro genitore e non cercano di interrompere tutti i contatti, anzi tendono a manifestare una certa ambivalenza esprimendo rabbia, tristezza e amore.

Al fondo del continuum vi sono bambini che hanno allineamenti estremi con uno dei genitori dopo la separazione e il divorzio e che esprimono un rifiuto stridente nei confronti dell'altro genitore, senza apparente ambivalenza o senso di colpa. Hanno fortemente resistito o rifiutato il contatto con un genitore. Mentre questa posizione estrema più spesso si verifica in contesti di elevata conflittualità per l'affidamento, si ipotizza che sia un evento piuttosto raro tra la maggior parte dei figli del divorzio.

I fattori di fondo sono quelli che si ipotizza possano influenzare il bambino nella relazione genitore-figlio. Includono una storia di intensi conflitti coniugali e conflitti successivi al divorzio che possono essere alimentati da professionisti e parenti in una famiglia allargata.Essi comprendono anche le personalità dei genitori "allineati", in particolare la loro vulnerabilità alla perdita e al rifiuto inerenti la separazione coniugale che lascia in essi una sensazione di umiliazione e perdita.

Quindi si ipotizza che tali genitori possano essere dispettosi e vendicativi, consciamente o inconsciamente, e comportarsi in modo tale da ledere il rapporto del bambino con l'altro genitore, operando un abuso emotivo. In particolare, si usa il bambino per sostenersi emotivamente e come arma nel conflitto con l'ex-coniuge.Tra i fattori di fondo ci sono anche le predisposizioni tipiche della personalità del genitore rifiutato, come la passività e la revoca di fronte a conflitti familiari e la tendenza ad essere auto-centrati e immaturi. I genitori respinti sono spesso eccessivamente critici, esigenti e negativamente reattivi di fronte al rifiuto dei figli. Tra i fattori predittivi che riguardano i bambini ci sono l'età e le capacità cognitive.

Preadolescenti e adolescenti rischiano di essere più sensibili perché hanno raggiunto uno stadio di sviluppo quando sono più pressato dalle richieste di fedeltà da parte dei genitori in conflitto e tendono maggiormente a ribellarsi all'autorità. A questa età, sono in grado di mantenere una posizione coerente di rabbia e esprimono rigidi giudizi morali nei confronti dei genitori.I bambini più piccoli di solito non rifiutano la relazione in modo totale e coerente, a meno di non essere influenzati da fratelli più grandi. Inoltre un temperamento ansioso, pauroso, dipendente, o emotivamente instabile è più difficilmente in grado di sopportare lo stress inerente al conflitto tra i genitori e quindi più facilmente “allineabile”.

E' generalmente riconosciuto che le ansie di separazione nei bambini piccoli in età prescolare non sono insoliti o anormali e possono manifestarsi attraverso stress emotivo e comportamenti di protesta al momento del passaggio da un genitore all'altro.

Inoltre è da attendersi un atteggiamento di rifiuto da parte di quei bambini coinvolti in una storia di abuso, trascuratezza e deficit genitoriale. E' stato osservato che è più comune un "allineamento" con la madre e il rifiuto del padre dato che per la maggior parte delle volte è la madre ad avere l'affidamento. Lo studio ha messo in luce che nei casi in cui un bambino rifiutava il padre, questi appariva inadeguato nel relazionarsi al figlio e non provava piacere nel trascorrere tempo con lui. La madre al contrario si dimostrava più adeguata. L'altra faccia della medaglia è che una madre sola appare più dipendente dall'essere approvata e supportata dal figlio.

La madre sola tende a usare il figlio per scongiurare la depressione e rispondere ai propri bisogni emotivi ed è facile che interferisca nella relazione del figlio con il padre, sabotandola e controllando esageratamente le attività e il tempo che il figlio trascorre con il padre. Come detto, le angosce di separazione sono normali nei bambini più piccoli, ma sono aggravate dalla conflittualità che perdura dopo la separazione dei genitori.

In conclusione, lo studio di Johnston mette in luce che l'"allineamento" di un bambino a un genitore unitamente al rifiuto dell'altro è determinato da più fattori: vi sono coinvolti entrambi i genitori e la vulnerabilità del bambino stesso. I genitori rifiutati, non importa se padre o madre, sono i principali artefici della loro stessa alienazione. E ciò a causa delle loro carenze genitoriali.
I genitori "allineati" (in particolare le madri), contribuiscono a alienare l'affetto di un bambino dal padre. Il comportamento della madre può sabotare il rapporto padre-figlio, più che il comportamento del padre possa sabotare il rapporto madre-bambino. Il legame dei bambini con la madre è più intenso, le madri hanno più accesso ai loro figli e più possibilità di esercitare influenza, sottolineano la necessità di interventi terapeutici orientati alla famiglia e comprendono tutte le parti coinvolte nella dinamica: il bambino ed entrambi i genitori.

L'eziologia della PAS sarebbe legale e non medica: essa nascerebbe dalla paura dei GA di perdere l'affidamento dei figli, all'interno di battaglie legali assai aspre, ma non esisterebbe alcuna correlazione scientifica tra litigi giudiziari e patologie specifiche ( ciò non significa che non ci si possa ammalare nelle aule dei tribunali, ma non occorre inventare categorie patologiche nuove, quando basterebbe fare riferimento a depressione, fobie, e così via).

Una patologia medica è correttamente diagnosticata dall'osservazione di sintomi personali. Gardner invece opererebbe una diagnosi sui GA osservando i figli e viceversa.L'unico a non ricevere una diagnosi di PAS è il GB. Non ci sarebbe alcuna evidenza scientifica che GA e figli mostrino sintomi patologici. Inoltre certi atteggiamenti che i GA presentano, considerati patologici da Gardner, potrebbero essere ascritti alla libertà della persona di esprimere dispiacere, dolore, rabbia legati alla separazione, e anche il proprio libero pensiero riguardo l'ex-coniuge. Il trattamento che Gardner propone sarebbe non un trattamento terapeutico ma legale.
Quando un trattamento medico e della salute mentale hanno successo, i sintomi della malattia sono alleviati e ciò consente al paziente di vivere una vita normale. Al contrario, la terapia proposta da Gardner consisterebbe nel costringere il GA ad astenersi dall'esprimere opinioni negative sul GB, costringendo anzi, assieme ai figli, a manifestare affetto. Per ottenere ciò si ricorrerebbe a misure del tribunale, minacciando la perdita dell'affidamento e così via.Tuttavia la coercizione può fare cambiare comportamenti ma non guarire.

L'affetto e il rispetto non si ottengono con le misure legali (come non basta una legge sull'affido condiviso per creare collaborazione tra ex-coniugi). Il ricorrere alle misure legali sarebbe la prova più stringente che la PAS non è affatto una patologia. La PAS quindi non sarebbe ammissibile nei Tribunali per mancanza di basi scientifiche, oltre che per motivi politici e culturali, in particolare la società patriarcale userebbe la PAS per impedire alle donne la giusta affermazione dei loro diritti e dei diritti dei bambini di adattarsi con il rifiuto, ad una situazione di grande sofferenza. Per non parlare infine del fatto che molti uomini potrebbero continuare ad usare violenza ai deboli della società, assicurandosi l'impunità.

La teoria di Gardner della sessualità umana, che vede il contatto sessuale adulto-bambino come buono e vantaggioso per la riproduzione della specie (anche se corretto dallo stesso Gardner negli ultimi scritti) non rende la sua teoria al di sopra di ogni sospetto. Anche l'uso del termine PA al posto di PAS (per aggirare gli ostacoli) non cambierebbe la sostanza: anche la PA potrebbe essere usata per non prendere in considerazione le accuse di abuso.

Alcuni vedono la PAS come parte del sistema giudiziario caratterizzato dal contraddittorio più che dall'interesse di aiuto nei confronti delle famiglie. (Se questo è vero anche in Italia, si può comprendere come gli strumenti di intervento alternativi alle dispute, come la Mediazione familiare, facciano fatica a prendere piede).

Il padre che ritiene di essere vittima di PAS anche in buona fede è comunque spinto a ricercare negli altri e mai in se stesso le colpe di ciò che avviene, mentre se non facesse riferimento a quella categoria, potrebbe essere agevolato nel farsi aiutare, per esempio, a migliorare la relazione con i propri figli.

In ogni caso, l'attenzione deve essere primariamente volta ai bambini: perché faticano o rifiutano di vedere un genitore, cosa sta accadendo, sono vittime di condizionamento o hanno subito un abuso? Queste sono le domande a cui i vari professionisti coinvolti devono cercare di rispondere senza posizioni preconcette.

fonte http://www.bambinicoraggiosi.com/ 26 gennaio 2010