martedì 29 giugno 2010

BAMBINI, RAGAZZI E RAGAZZE SOTTRATTI ALLA FAMIGLIA E COLLOCATI IN STRUTTURE PROTETTIVE




Tutte le Istituzioni Protettive, e parimenti le Istituzioni Punitive (Carceri), sono essenzialmente punitive delle colpe che i minori sono costretti a subire, a causa delle proprie menomazioni, costituite da: povertà (la famiglia non ha mezzi sufficienti di sostentamento), disabilità (handicappati), caratterialità (ragazzi difficili), perdita dei genitori (orfanotrofi), separazione dei genitori, bambini in carcere con la madre, ecc.
Inoltre in nome dell’affermazione che i vecchi diventano bambini: anche i Ricoveri di Anziani sono altrettante caserme.

Pertanto il ricovero in questi Istituti è anche un gesto di colpevolizzazione dei minori, a causa delle suddette menomazioni, per le quali vengono appunto istituzionalizzati.

L’istituzionalizzazione purtroppo è anche la dimostrazione dell’affermazione biblica: ”i vostri padri hanno mangiato l’uva acerba e i figli sono nati con i denti legati”.

Fondamentalmente tutti gli Istituti di Protezione sono identici alle Caserme Spartane, dove i maschietti di 4 anni venivano militarizzati, per formare l’ideale del maschio-soldato spartano.
Infatti tutti gli Istituti debbono adottare una disciplina che renda possibile la loro esistenza.

Ovviamente il mantenimento è accompagnato dalla “educazione”, o “formazione”, che in questo contesto disciplinare si può definire “condizionamento psichico”, che influenzerà tutta la vita degli ex-ricoverati nelle Strutture Protettive.
Forse gli handicappati potrebbero avere bisogno di una assistenza medica, ma ciò non toglie che purtroppo sono sottoposti a disciplina.

Tutto è dimostrato dal fatto che tutti gli istituzionalizzati o i ricoverati se possono scappano il più presto possibile, salvo il processo di condizionamento che li ha persuasi a continuare a restare.

Il processo di civilizzazione comporterebbe che finalmente ogni istituzionalizzazione scomparisse, per dare spazio alle familiarizzazioni, oggi sempre maggiormente possibili. Evidentemente va difeso il diritto di scelta di membri che appartenevano alla propria famiglia, distrutta dalla separazione.
Il Prof. Basaglia è riuscito a fare scomparire i Manicomi, che comunque avevano tante e inenarrabili analogie con le Istituzioni Protettive.

Si potrebbe anche affermare che specialmente l’Istituto Protettivo, pur essendo compensativo di tante carenze, è anch’esso uno psicofarmaco, che condiziona il cervello dei ricoverati.

Pertanto Istituzionalizzare un bambino per sottrarlo al rapporto nefasto con i genitori, o con uno dei genitori, è una violenza peggiore della violenza psichica subita dalla loro separazione. È un punire lui a causa della separazione dei suoi genitori, oltre che essere anche una punizione di uno o dell’altro genitore che non lo ha voluto, o che non permette che l’uno o l’altro benefici della scelta del figlio di restare assieme.

Quindi, in occasione della separazione dei coniugi: anzitutto il primo diritto che esiste e deve essere affermato è la libertà di scelta fatta dal bambino, anche qualora fossero più fratellini e scegliessero tutti di stare tutti dalla stessa parte, trattandosi di esseri umani e non di merce.
Semmai il giudice deve accertarsi che il bimbo sia veramente libero di scegliere e non sia influenzato da subdoli ricatti o minacce.

In base a questi principi naturali, oltre che umani: sembrano inutili le sempre più numerose associazioni, specialmente maschiliste, che vogliono affermare o contrattare i diritti genitoriali; infatti sono tentativi di perversione di una legge naturale, che deve restare indiscutibile.


(Dr.Giovanni Basso – Psicologo-Psicoterapeuta e Perito Grafologo)

venerdì 18 giugno 2010

MINORI SOTTRATTI AL GENITORE IDONEO: INTERROGAZIONE SEN. STEFANO PEDICA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA



INTERROGAZIONE DEL 29 APRILE 2010


Pedica (IDV) Premesso che: con legge 27 maggio 1991, n. 176, l'Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, stipulata a New York dai Paesi aderenti all'ONU il 20 novembre 1989; la predetta Convenzione, all'articolo 3, comma 1, recita:

"in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente";

risulta all'interrogante che nelle separazioni conflittuali alcuni giudici del Tribunale dei minori di Roma, negli ultimi tempi, avrebbero fortemente penalizzato i genitori idonei e con i quali i figli hanno il legame affettivo più forte; in particolare questi giudici si distinguerebbero, come sottolineato da numerosi atti di sindacato ispettivo presentati negli ultimi anni, per sentenze nelle quali i figli che hanno un forte legame con uno solo dei due genitori verrebbero separati da loro e collocati in case famiglia con forti restrizioni nelle visite e, in diversi casi, anche con l'interruzione di qualsiasi rapporto affettivo con il genitore con cui sono cresciuti e i suoi familiari;

il Comitato "Vittime della giustizia minorile" ha segnalato all'interrogante diversi casi nei quali le relazioni dei consulenti tecnici del Tribunale o dei periti di parte non sarebbero state prese in considerazione dai giudici e, laddove si sconsigliava la separazione dei figli dalle madri per i gravi traumi che questo avrebbe comportato, i bambini sarebbero stati comunque tolti loro e collocati in case famiglia; t

tale quadro potrebbe indicare la sussistenza di un problema che oggi affligge numerosi genitori, i quali risulterebbero in qualche modo vittime di una controversa interpretazione della legge n. 54 del 2006 sull'affido condiviso, o di imperizia del collegio giudicante, poiché, sebbene per il perseguimento dell'ammirevole scopo di dare al bambino entrambi i genitori, di fatto si addiverrebbe al risultato di rendere il minore "orfano" per decreto del giudice e con metodologie spesso contrarie ai più elementari principi di tutela e rispetto nei confronti dei minori;

rilevato che, a quanto risulta all'interrogante: in questi giorni i quotidiani nazionali e locali hanno riportato la storia del minore A. L. F., poiché la disposizione di allontanamento dalla madre V. P. presa dal giudice del Tribunale dei minori, dottor Ianniello, e le modalità di esecuzione della stessa hanno destato particolare clamore nella comunità di Sezze (Latina) dove il minore è residente;

per riassumere le vicende giudiziarie legate al caso di A. L. F. si rappresenta che, con provvedimento del 20 maggio 2009 n. 8164 del 2009, il dottor Ianniello del Tribunale dei minori di Roma disponeva

la soppressione della potestà genitoriale della signora V. P. sul piccolo A. L. F. per la durata di un anno con collocazione del figlio presso la madre;

il 15 dicembre 2009, con decreto n. 7855, il giudice stabiliva la decadenza della potestà genitoriale di V. P. e disponeva l'immediata collocazione del figlio presso il padre;

con provvedimento n. 914 del 2 febbraio 2010, dopo aver respinto l'istanza della signora P. con la quale si chiedeva il collocamento del minore presso la madre e l'attivazione di un percorso di psicoterapia e mediazione familiare presso un centro specializzato, il dottor Ianniello confermava l'immediato allontanamento del minore e il collocamento presso il padre;

i giorni 26 e 27 gennaio 2010 gli assistenti sociali e i carabinieri si recavano presso l'abitazione della signora P. per prelevare il figlio, ma, nonostante la piena collaborazione di quest'ultima, dichiarata nelle relazioni agli atti, non riuscivano a prelevare A. L. F. posto il suo disperato e ostinato rifiuto di andare dal padre;

con provvedimento n. 1037 del 10 febbraio 2010, integrando e modificando il provvedimento del 2 febbraio 2010, il dottor Ianniello disponeva che il minore fosse collocato in casa famiglia in modo da evitare "un brusco passaggio dall'uno all'altro genitore che potrebbe risolversi in un rifiuto del bambino nei confronti del secondo genitore";

il giudice minorile, con provvedimento n. 1188 del 16 febbraio 2010, nominava un curatore speciale, nella persona dell'avvocato Enrico Ronchini;

con provvedimento n. 1678 del 2 marzo 2010 il dottor Ianniello reintegrava la potestà genitoriale della madre e disponeva l'obbligo della stessa di accompagnare personalmente il minore presso la casa famiglia con ampio diritto di soggiorno del bambino presso entrambi i genitori;

il curatore, avvocato Ronchini, in data 16 marzo 2010, formalizzava una proposta di mediazione, firmata dai genitori e dai legali dei genitori di A. L. F., finalizzata a sospendere il trasferimento del minore in casa famiglia e a riprendere gli incontri con il padre assumendo il compito di segnalare al Tribunale per i minori eventuali inosservanze;

la signora P., come sostenuto dal legale di parte dottor Girolamo Coffari, presidente del "Movimento per l'infanzia", avrebbe espresso la massima collaborazione per favorire il rispetto degli accordi predisposti dal curatore e quindi, in occasione del primo incontro, venerdì 19 marzo, stabilito tra il figlio e il sig. F., avrebbe accolto il curatore che si è recato presso la sua abitazione per parlare con il bambino, e tuttavia lo stesso dottor Ronchini, dopo un tentativo di convincere il piccolo ad andare dal padre, durato più di due ore, ha desistito dal suo intento per il rifiuto espresso dal bambino;

con ordinanza del 13 aprile 2010, il dottor Ianniello disponeva quindi "in via provvisoria ed urgente l'allontanamento immediato del minore (...) per l'inserimento in una casa famiglia, al di fuori del territorio di residenza (...) con sospensione, allo stato del rapporto con la figura materna per favorire il processo di inserimento";

in data 14 aprile 2010 è stato presentato dall'avvocato della famiglia materna dottor Girolamo Coffari ricorso per la revoca dell'ordinanza da ultimo menzionata, nel quale si evidenzia come l'atto del dottor Ianniello apparirebbe illegittimo in quanto, fra gli altri profili, il minore non sarebbe stato ascoltato nelle sue volontà, violando pertanto il diritto di ascolto.

Inoltre la storia giudiziaria del caso mostrerebbe mancanza e illogicità di motivazione nonché contraddittorietà fra più atti;

il 15 aprile 2010 quattordici agenti della Questura di Latina sono stati inviati, su ordine del Tribunale dei minori di Roma, a Sezze, a prelevare il minore, il quale tuttavia si trovava fuori dall'abitazione di residenza, pertanto, dopo alcune ore di stazionamento davanti all'abitazione, avvocati e familiari sono giunti a una mediazione con le forze dell'ordine per la quale il bambino sarebbe stato consegnato in Questura nel pomeriggio: comprendendo la circostanza, il bambino avrebbe accusato un forte malessere, con minacce e tentativo di suicidio, per cui la madre si sarebbe vista costretta a portarlo all'ospedale dove è stato visitato e tenuto sotto controllo fino a che non è apparso riprendersi.

Nella notte, tuttavia, sarebbe stato ancora male e sarebbe stato nuovamente visitato il mattino dopo; sempre in data 15 aprile 2010 è stato presentato dall'avvocato della famiglia materna atto di ricusazione del giudice, ai sensi dell'art. 52 del codice di procedura civile che attribuisce alle parti detta possibilità quando lo stesso sia sospetto di parzialità, in quanto sussiste uno dei presupposti per la sua astensione obbligatoria ai sensi dell'art. 51 del codice civile e tuttavia il medesimo giudice non provvede ad astenersi volontariamente;

da quanto sopra riportato si evince come il dottor Ianniello abbia emesso, nell'arco di 4 mesi, dal dicembre 2009, cinque provvedimenti che riguardano il minore A. L. F. con una media, quindi, di circa un provvedimento al mese; tale proliferazione di decreti, ordinanze, integrazioni di decreti avrebbe avuto, come riportato dalla famiglia materna che l'interrogante ha avuto modo di incontrare, l'effetto di traumatizzare il bambino che, nel giro di poche settimane, è stato invitato nell'ordine:

ad andare a vivere stabilmente con il padre;

ad andare a vivere in una casa famiglia accompagnato dagli assistenti sociali o dai carabinieri;

ad andare in una casa famiglia vicino alla propria abitazione accompagnato dalla madre;

ad andare di nuovo con il padre per circa tre giorni a settimana;

da ultimo, ad andare a vivere in casa famiglia lontano da casa con il divieto di vedere la madre;

desta sconcerto la facilità con la quale il dottor Ianniello ha cambiato idea e ipotizzato soluzioni diverse per un bambino, senza che siano intervenuti cambiamenti significativi che avrebbero potuto giustificare decisioni fra loro contraddittorie e inconciliabili; così come non risulta comprensibile, a opinione dell'interrogante e del legale che sostiene la signora P., nominare un curatore e dopo quindici giorni restituire la potestà genitoriale alla madre, quindi vietare contestualmente ogni contatto fra la madre e il bambino;

è inoltre inspiegabile decidere di collocare un bambino in casa famiglia facendolo accompagnare dalla madre, seguendo quindi un normale percorso di adeguamento, prevedendo ampia possibilità della stessa di avere con sé il figlio e, a distanza di un mese, senza che nel frattempo sia successo nulla di significativo, se non il fallimento di un tentativo inutile e ultroneo del curatore, cambiare completamente idea e vietare i contatti fra la madre e il figlio, imporre l'uso della forza nel prelevare il bambino agli organi di polizia e decidere di portare il bambino presso una casa famiglia addirittura "al di fuori del territorio di attuale residenza del minore";

rimangono oscure, in particolare, le ragioni che hanno indotto il giudice minorile a cambiare, con l'ultimo provvedimento del 13 aprile 2010, le sue determinazioni in modo così drastico e gravemente afflittivo per il piccolo A. L. F., in quanto il dottor Ianniello, con la decisione di vietare in maniera repentina, assoluta e drastica i rapporti madre-figlio, rischia non solo di disattendere, ancora una volta, le risultanze della approfondita analisi compiuta dagli specialisti medici, ma anche di contraddire se stesso rispetto al provvedimento del 2 marzo 2010, che stabiliva un collocamento presso la casa famiglia con consegna a cura della madre e ampia facoltà di visita;

il dottor Ianniello ha motivato le sue determinazioni imputando alla signora P. ed alla famiglia materna la responsabilità del "tentativo, fin qui riuscito, di escludere del tutto la figura paterna dalla vita del figlio" rilevando la necessità di interrompere "al più presto questo legame malato" tra madre e figlio, dimenticando che l'ultimo provvedimento emesso prevedeva l'accompagnamento della madre presso una casa famiglia, e non del padre;

la circostanza relativa al "legame malato" tra la signora P. e il figlio, utilizzata dal giudice, al fine di giustificare l'adozione di un tale provvedimento, è smentita dalle considerazioni del dottor Sabatello, consulente tecnico d'ufficio, il quale definisce la signora P. "unico punto di riferimento" per il figlio e, nella sua relazione, non contempla neppure come ipotesi residuale o estrema il collocamento del minore lontano dalla madre, e da quelle del professor Cancrini e del dottor Di Bartolomeo, gli esperti psicoterapeuti che si sono occupati della vicenda, che confermano come il collocamento del piccolo A. L. F. presso la casa famiglia comporterebbe un trauma irrisolvibile;

il bambino, che ha sempre vissuto con la madre, ha un rapporto affettivo e relazionale imprescindibile con la stessa, e non si ravvisa nell'ordinanza del dottor Ianniello alcun tipo di problema psicologico o sociale o patrimoniale della figura materna, che avrebbe potuto legittimare una misura tanto intrusiva nella vita del minore;

ritenuto che:

la mancata ricerca di altre strade per superare il rifiuto del bambino nei confronti del padre, che pure erano state indicate dai periti, si è risolta in un provvedimento punitivo nei confronti del piccolo A. L. F. che dovrebbe, secondo il decreto, lasciare la sua casa, la sua città, la sua scuola, i suoi compagni e, soprattutto, la mamma, per trascorrere un periodo imprecisato a Roma, in una casa famiglia di cui non si conosce neppure il nome, quando invece sembra essere al momento un bambino che a scuola va bene e che vive serenamente con sua madre;

tale metodologia utilizzata da parte del dottor Ianniello appare all'interrogante un affronto al buonsenso che si discosta radicalmente dai migliori orientamenti e sensibilità che in tema di diritti dei bambini intendono promuovere una cosiddetta "giustizia mite";

provvedimenti simili, oltretutto, non sarebbero un'eccezione, come sottolineato dalle molte interrogazioni presentate da diversi parlamentari su diversi giudici del Tribunale per i minori di Roma; considerato, infine, che emerge ogni giorno che la struttura giudiziaria in questione soffre da tempo di una carenza di risorse finanziarie e di organico, la quale rischia di compromettere il funzionamento amministrativo del tribunale nonché la rapida conclusione dei procedimenti pendenti, si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno assumere, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative, con riferimento a quanto descritto in premessa, al fine di verificare l'eventuale sussistenza di presupposti idonei a promuovere un'azione disciplinare.

A tal fine, si segnala l'opportunità di appurare:

a) se siano stati garantiti nei confronti del minore citato la tutela dell'incolumità fisica e psicologica e l'ascolto delle sue ragioni, ed in generale i diritti garantiti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e se ci siano eventuali ragioni amministrative che impediscano la sua permanenza nel contesto familiare in cui è cresciuto;

b) se i minori coinvolti nelle cause di affido trattate dal giudice Roberto Ianniello, nei cui confronti sono state presentate interrogazioni parlamentari, richieste di ricusazione ed esposti al Consiglio superiore della magistratura, siano stati adeguatamente tutelati nel loro diritto di continuare a godere dell'affetto del genitore che rappresentava il loro unico punto di riferimento;

se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario verificare:

quanti siano all'anno i collocamenti in casa famiglia disposti dal Tribunale dei minori di Roma nei casi in cui esista un genitore idoneo che abbia un forte legame affettivo con il figlio;

a quanto ammontino annualmente le spese relative ai collocamenti in comunità o case famiglia disposti dal Tribunale dei minori di Romaconsiderando che il costo per lo Stato varia dai 70 ai 300 euro al giorno per ciascun minore;

quanti casi di collocamento in casa famiglia vengano attuati annualmente in presenza di genitori idonei ma indigenti, visto che appare evidente che un contributo economico alla famiglia in difficoltà avrebbe costi molto inferiori del mantenimento dei figli minori in una comunità;

quanti siano infine gli affidi condivisi concessi nonostante uno dei genitori abbia subito condanne o non sia stato ritenuto idoneo dai periti del giudice;

se non si ritenga di dover intervenire urgentemente al fine di garantire alla Presidenza del Tribunale dei minori di Roma le risorse necessarie per assicurare non soltanto il funzionamento amministrativo della struttura, ma anche la definizione rapida dei processi, in quanto, se è vero che una giustizia veloce dovrebbe essere garantita a tutti i cittadini, questa appare ancora più necessaria nei processi che interessano minori, dato che l'incertezza derivante da una situazione giudiziaria indefinita rischia di turbare permanentemente il fanciullo nella crescita. (4-03096)

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=00478437&part=doc_dc-allegatob_ab-sezionetit_icrdrs&parse=no

giovedì 17 giugno 2010

LA STANZA DELLA MEDIAZIONE



LA CULTURA DELLA MEDIAZIONE ENTRA NEL TRIBUNALE DEI MINORENNI DI ROMA.

L´ANNUNCIO E´STATO DATO DALLA STESSA PRESIDENTE DELL´ISTITUZIONE GIUDIZIARIA, MELITA CAVALLO :"PER LA TUTELA DEI BAMBINI E PER SALVAGUARDARE I SUOI RAPPORTI CON ENTRMBI I GENITORI HO DECISO DI INTRODURRE LE STANZE DELLA MEDIAZIONE, IN CUI I GIUDICI ONORARI ASCOLTERANNO LE COPPIE IN PRIMA UDIENZA E CERCHERANNO DI INDIRIZZARLE, APPUNTO AI SERVIZI DI MEDIAZIONE; SOTTOLINEANDO L´IMPORTANZA CHE ENTRAMBE LE FIGURE RESTINO PRESSO IL BAMBINO"

UN PRIMO PASSO CURCIALE NELLA GESTIONE DEI CONFLITTI IN SEDE DI SEPARAZIONE, A CUI LA CAVALLO HA FATTO SEGUIRE UNA RICHIESTA ANCORA PIU´INNOVATIVA: " METTERE A DISPOSIZIONE, IN OGNI PROVINCIA DELLA REGIONE, UN LUOGO BEN ATTREZZATO E CON PROFESSIONISTI "NEUTRALI" IN CUI POSSANO SVOLGERSI GLI INCONTRI PROTETTI CHE IN ALCUNI CASI PRESCRIVIAMO: ATTUALMENTE INFATTI , NEL LAZIO HA AGGIUNTO LA CAVALLO , QUESTI INCONTRI SI SVOLGONO SEMPRE PRESSO IL SERVIZIO SOCIALE DI COMPETENZA, IN PRESENZA DELLE STESSE PERSONE CHE, IN MOLTI CASI, HANNO ESPRESSO UNA VALUTAZIONE NEGATIVA SUL GENITORE. LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DI QUESTI INCONTRI NON VA A BUON FINE. SE VOGLIAMO TUTELARE LA RELAZIONE DEL BAMBINO CON IL GENITORE DOBBIAMO FARE QUESTO PASSO DECISIVO".

martedì 15 giugno 2010

I FIGLI DEI SEPARATI NON SONO OGGETTI



La separazione dei genitori causa tanti mali ai figli, particolarmente ai minori.

Infatti i figli fisicamente e psichicamente sono fatti e costituiti dalla realtà psico-fisica dei due genitori, che sono ancora la loro vita che li fa crescere, almeno lungo tutto il tempo della inferiore età.

La separazione è perdita di almeno una componente di questo principio di vita al quale i minori sono necessariamente e naturalmente legati e dipendenti, e pertanto crea uno stato di mortificazione in tutti i figli.
Il loro stare con l’uno o l’altro genitore è sempre una compensazione che tende a coprire questo vuoto mortificante.

Altro male della separazione e del divorzio: è l’orfananza e l’abbandono, nonostante siano affidati all’uno o all’altro dei due; è brutto sentirsi orfani, ma è peggio sentirsi orfani di genitori che esistono ancora, perché l’esistenza ne fa percepire ogni giorno la perdita.

Comunque sono tanti e prevedibili i problemi psico-fisici che gli orfani debbono affrontare e risolvere, quando è anticipatamente venuta meno una di queste due componenti energetiche vitali. Particolarmente gli orfani diventano facilmente persone insicure, perché la sicurezza del bambino si fonda sull’unione tra papà e mamma; nonostante sia meglio, anche per i figli, che i due genitori si separino, piuttosto che vivere in discordia o continue conflittualità distruttive dell’amore.

Soprattutto è importantissimo considerare ed apprezzare che la separazione dei genitori provoca e sviluppa un più forte legame, stringimento e solidarietà tra i fratelli, in occasione della perdita di una persona molto importante nella loro vita, sentita come una disgrazia mortale, della quale i fratellini si sentono superstiti.

Qualora un qualsiasi giudice, o qualsiasi altra persona, imponesse ai fratelli di andare avanti nella vita, ma separandosi tra loro: aggiungerebbe e imporrebbe disgrazia a disgrazia, lutto a lutto!

Putroppo a questa iniquità è arrivato un giudice, riconosciuta ed annullata dal Giudice della Corte d’Appello di Salerno, anche in nome della “mitologia” dell’Antica Grecia.

La separazione tra i minori, figli di genitori separati: è mortificazione umana dei medesimi, in quanto considerati schiavi-oggetto – sia pur di valore – motivata dal dovere di distribuire equamente i beni e i mali tra le parti che ne hanno diritto.

Come inoltre è mortificante purtroppo anche l’orfanatrofio, o qualsiasi Istituto, nei quali vengono collocati i minori, i poveri, o i deboli psicofisici: imprigionati a causa di mancanza o perdite di fattori importanti della loro vita, non attribuibili alla loro responsabilità.

Perché le istituzioni non fanno crescere, come solo i genitori possono fare crescere con le loro persone e con i loro mezzi: bensì condizionano corpi e cervelli, sia pure attraverso l’ambiente e la cultura.


Dott. G. Basso, psicologo, psicoterapeuta

venerdì 11 giugno 2010

LA PEDOFILIA DEI PADRI SPIRITUALI



Ai Sacerdoti piace essere chiamati “Padre” e, preferibilmente, la gente li chiama e li definisce con questo appellativo. Anzi a molti cattolici piace anche definirsi “figlio spirituale” del proprio Padre Spirituale, ed anche i Padri Spirituali chiamano “figli spirituali” quelli che li frequentano.

L’attribuzione del ruolo di “paternità spirituale”: inconsciamente è anche compensativa della carenza e della frustrazione della paternità fisica, mettendo in atto una pulsione comportamentistica imitativa del comportamento dei veri padri fisici.

Comunque tutto quello che avviene a livello di inconsapevolezza, o di non piena consapevolezza, corrisponde sempre ad una perdita di autocontrollo, e soprattutto dell’autocontrollo delle proprie pulsioni genitali, che il soggetto, in stato di piena coscienza aveva promesso e giurato di autocontrollare come impegno più importante della sua scelta di vita.

Putroppo la perdita di autocontrollo delle proprie pulsioni genitali avviene anche tra gli stessi fisici, che con la violenza sessuale, pretendono di esercitare la padronanza sulle proprie creature, anche rivendicando legalmente il diritto di proprietà sui minori, particolarmente nelle circostanze di separazione dei genitori; e i giudici la devono riconoscere, nonostante maltrattamenti e di eventuali abusi sessuali perpetrati verso i loro figli. Questi riconoscimenti legali arretrano la civilizzazione, riportando la società all’epoca dell’antica Roma, quando riconosceva al “paterfamilias” il diritto di vita e di morte su moglie e su figli. Oppure si ripete la”strage degli innocenti”, di erodiana memoria.

Il fenomeno della pedofilia accade più frequentemente in ambienti che raccolgono numerosi bambini “handicappati” da sintomi di povertà, di abbandono, di cecità e sordomutismo, di mutilazione o handicap fsico, di perdita precoce dei genitori; si tratta di orfanotrofi, patronati, collegi e qualsiasi comunità di minori, gestite da persone che hanno scelto il celibato per dedicarsi alla gestione dei bambini adolescenti e preadolescenti colpiti da queste disgrazie. Infatti più le sintomatologie si concentrano: più provocano bisogno di tenerezza, di commiserazione e di compassione.

Comunque le comunità sono sempre costituite da somme di beni e di mali, che pesano enormemente sulla buona e sulla cattiva coscienza di chi li gestisce.
Anche il Papa Woytila aveva scritto la raccomandazione di non concentrare ragazzine nelle sacrestie per fare da chierichette, ma a questo appello non si è dato alcun ascolto, come i fatti dimostrano.

La stessa minor età è un fattore provocatorio di questi interventi pedofili.
Ultimamente questo comportamento è stato favorito, accreditato, o permesso dalla autorevolezza della psichiatria, che il “famoso” psichiatra Richard Gardner ha personificato formulando, sul piano comportamentistico, metodi educativi e rieducativi per soggetti normali e deboli. Evidentemente la teoria di Gardner è stata giustificata dalla “deformazione professionale”, che sempre avviene da parte di chi si dedica esageratamente o esclusivamente all’esercizio nella propria professione. L’impressione che lasciano le sue teorie acquisiscono maggiore importanza anche perché sono idee di un medico e di uno psichiatra, e comunque contengono delle novità o contradizioni a ideologie precedentemente accettate.

A tutto si aggiunge che i comportamenti amorosi frequentemente avvengono in occasione di disgrazie, di disagi, di incomprensioni, di infedeltà, o di qualsiasi dispiacere e si tratta di isterismi compensativi di tutto quello che è accaduto di male; i pedofili normalmente sfogano il proprio isterismo, sempre inventando mali o beni che esistono o non esistono nella realtà delle persone abusate.

Tutti i pedofili ritengono di esercitare un benevolo paternalismo, attraverso la manipolazione sessuale, specialmente i “Padri Spirituali”, affermando di svolgere affettuosamente un’attività di assistenza, di educazione o anche di insegnamento tendendo a identificare con l’amore l’esercizio della propria incombenza e arrivando anche a definirlo missione.

Inoltre può dirsi pedofilia anche l’intrattenimento, comunemente più frequente e più lungo sui comportamenti sessuali, del proprio figlio spirituale, o del proprio allievo, o del proprio educando: attribuendosi il diritto e dovere di fare un discorso di educazione sessuale, specialmente nel periodo della preadolescenza, quando gli adolescenti incominciano a sentire maggiormente le prime pulsioni sessuali.

Il discorso della educazione sessuale assolutamente non appartiene al sacerdote, né all’educatore, né al docente come tale. Chi crea la vita ha il dovere e il diritto di istruire la propria creatura, sulle leggi della vita che gli ha data, creando anche la vita psichica, che è completezza di vita. Infatti questo dovere naturalmente il genitore lo svolge verso i tre anni, quando gli inculca la necessità e la motivazione dell’abbigliamento.

È un dovere che purtroppo deve sempre fare, anche controvoglia, perché insegna il male alla propria creatura, rendendola maliziosa e maligna.

Il sacerdote, che ha scelto di svolgere il compito della educazione e della gestione della spirituale, attraverso la sublimazione mistica della fisicità, cresciuta nello stesso sacerdote, come ogni altro essere umano normale: si è impegnato con il voto perpetuo del celibato, ad astenersi da ogni intervento fisico erotico e genitale sul proprio e altrui corpo.

La pedofilia esercitata dalle persone che hanno scelto il celibato dimostra la inopportunità della qualifica di “voto perpetuo”.
Infatti nella vita accade che sia umanamente sempre possibile cambiare opinione, o convinzione. o scelta.

Più utile ed opportuno in ogni tempo sarebbe allora il “voto temporaneo”, allo scadere del quale il sacerdote e qualsiasi persona “consacrata” possono sentirsi di continuare ad assumersi la responsabilità di quell’impegno, oppure di non sentirsi più in grado di assumersi quella responsabilità.

Come potrebbe accadere che gli stessi responsabili supremi delle istituzioni ecclesiastiche abbiano motivazioni di non ritenere più opportuno l’affidamento di queste responsabilità.

Il rinnovo è sempre un processo di generazione, o di rigenerazione della vita, e la vita l’ha capita solo chi ha capito che bisogna sempre ricominciare; mentre chi ha solo capito che bisogna “continuare”: non ha capito niente del valore della vita.

Dr.Giovanni Basso – Psicologo